Gli schiavi nei campi del Piemonte esistono e non sono purtroppo una novità. Le vicende di Castelnuovo Scrivia e Saluzzo, con presidi e tende di braccianti stranieri in protesta, sono solo la punta dell’iceberg di un mondo sommerso, sottopagato e sfruttato. E nelle nostre terre, sotto il sole cocente, si può anche morire. E capitare che il corpo esanime della vittima sia pulito, lavato e rivestito e spostato in luogo meno compromettente per simulare un malore casalingo.
È successo a Carmagnola, in provincia di Torino, la città dei peperoni. Proprio quelli che stava raccogliendo, il 17 luglio scorso, Ioan Puscasu, 46 anni, originario della Romania. Con il fratello lavorava da diversi anni in un’azienda agricola in via Pret, in località Tuninetti. Quel giorno faceva caldo, davvero tanto, i dati della Stazione meteorologica di fisica dell’atmosfera di Torino riportano una temperatura massima di 37,1 gradi. E sotto le serre poteva addirittura sfiorare i 50 gradi. Ioan, che tutti qui chiamavano Giovanni, lavorava lì, in nero e senza uno straccio di contratto, per poco più di 4 euro l’ora. Una paga da fame per un lavoro durissimo.
I compagni lo avrebbero visto accusare un forte dolore al petto e poi accasciarsi a terra. Prima di chiamare l’ambulanza, sarebbe stato però spostato dai colleghi in tutta fretta, forse su indicazione del titolare, sotto una tettoia fuori dal suo modesto ricovero. Questa versione è emersa solo nelle ultime ore, dopo giorni di contraddizioni.
La sera del 17 luglio i carabinieri erano stati avvertiti da alcuni conoscenti e avevano trovato Ioan già morto, così anche il 118. Sull’accaduto sono in corso le indagini dello Spresal (Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro) dell’Asl5 di Torino e dei carabinieri di Moncalieri. Nel corso delle settimane le testimonianze diametralmente opposte hanno fatto emergere nuovi particolari. Ioan non sarebbe morto in casa. Un imprenditore agricolo della zona, che ha dichiarato di conoscerlo solo di vista, ha ammesso di averlo trovato riverso per strada e di averlo caricato in auto per riportarlo nella cascina dove viveva.
Dalle testimonianze raccolte è emerso come Ioan lavorasse proprio per quell’imprenditore, che quella sera lo ritrovò di fronte alle serre.
L’uomo, aiutato da altri, avrebbe sistemato (o ordinato di farlo) il corpo di Puscasu cercando di eliminare ogni traccia di fango.
Una messa in scena. Su questo indagano gli inquirenti che hanno inviato una segnalazione alla Procura di Asti. Tutte le ipotesi sono al vaglio.
Gli investigatori vogliono appurare se Ioan sia stato portato dove viveva per soccorrerlo o sia stato invece tolto dal campo proprio per evitare che la verità venisse a galla. Che Ioan lavorava in nero e in condizioni altamente difficili (temi contro cui lotta da tempo la Flai Cgil). Sognava di tornare in Romania, a Botosani, dove si stava costruendo una casa con i pochi risparmi raggranellati lavorando in giro per l’Europa.