Manlio Sgalambro, morto ieri all’età di 89 anni, è stato nella sua lunga vita, una figura di intellettuale eclettica: filosofo, scrittore, poeta e poi, negli ultimi vent’anni anche paroliere e – una tantum – interprete di musica leggera, grazie alla stretta collaborazione con Franco Battiato. La produzione filosofica di Sgalambro (che non era un professore e non aveva mai fatto carriera accademica) inizia sul finire degli anni quaranta collaborando con case editrici siciliane e si intensifica nel decennio successivo grazie a testi scritti per la rivista Tempo Presente diretta da Nicola Chiaromonte e Ignazio Silone. Poi nei settanta inizia a pensare di organizzare il suo pensiero attraverso opere più strutturate. Sgalambro è un teorico della centalità del pensiero, dell’impegno morale che – scrive – «per l’uomo è l’unica bussola nei mari burrascosi della contemporaneità».

Il suo primo libro arriva però tardi, nel 1982, La morte del sole, lo pubblica Adelphi alla quale aveva inviato due anni prima il manoscritto. Sarà il primo di una serie di opere che usciranno negli anni seguenti come: Trattato dell’empietà, Antaol, Dialogo teologico. L’ultimo – pubblicato lo scorso anno è Variazioni e capricci morali. Massimo Cacciari, nel corso della puntata di L’aria che tira in onda ieri su La7, definisce la sua filosofia: «Molto leopardiana, una filosofia dolorosa ma vera. Il suo sguardo spietato nei confronti delle nostre miserie, delle miserie della nostra natura. Era spietato ma anche disincantato e quindi pietoso alla fine»

Nel 1993 l’incontro con Franco Battiato – complice la presentazione di un libro di poesie di Angelo Scandurra. Dopo pochi giorni il cantautore siciliano gli chiede un appuntamento per proporgli di scrivere il libretto dell’opera Il cavaliere dell’intelletto. È l’inizio di una collaborazione intensa che si è protratta fino all’ultimo album da studio, Apriti sesamo (2012). Battiato – che non ha voluto commentare la sua morte: «un dolore fortissimo, ma è un fatto privato», ha dichiarato alle agenzie, nel 1994 raccontava con entusiasmo il loro rapporto: «Un anno fa nemmeno ci conoscevamo. Da allora non abbiamo fatto altro che lavorare insieme. Lui sarà anche un filosofo, ma per me è un talento che mi stimola e arricchisce. Mi sembra impossibile, oggi, tornare a scrivere i testi delle mie cose». Un lavoro sulle parole profondo e allo stesso tempo libero, liriche che si sviluppano su ritmi pulsanti, inusuali e si aprono su improvvisi squarci melodici. Nel secondo disco pop a quattro mani della coppia, L’imboscata (1996) è contenuta una delle gemme assolute della canzone italiana, La cura, capolavoro di equilibrio e intensità: «Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie- recita il testo – dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via. Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo, dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai».

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La collaborazione prosegue intensa, con Gommalacca (1998) forse una delle punte più alte della creatività musicale del maestro siciliano e degli stimoli letterari regalati da Sgalambro, anche autore delle tre sceneggiature dei film del musicista: Perduto amor, Misikanten e Niente è come sembra. Il lavoro con Battiato porta la sua nuova vita autorale al «servizio» di altri interpreti della canzone. Nel 1998 per Notti, guai e libertà – raccolta che segna il ritorno di Patty Pravo – firma l’epica Emma. Il movimento del dare intitola l’album del 2008 di Fiorella Mannoia, Non conosco nessun Patrizio (2011) l’ultimo disco di Milva prima del suo ritiro dalle scene.

Nel 2001, poche settimane dopo l’11 settembre, pubblica addirittura un cd a suo nome Fun club, sorta di antologia di standard pop che percorre la storia della musica da Bacharach a Edith Piaf, passando addirittura per Manu Chao. «Con quest’album – dichiarò all’epoca – dimostro come ci possa divertire nonostante tutto, una canzone considerata ’leggera’ può esaurire in tre minuti delle tematiche che, in un’opera letteraria, possono richiedere 300 e più pagine di trattazione». Ineccepibile.