Un giovane palestinese – Islam Dweikat, 22 anni – è morto la scorsa notte in un ospedale di Nablus in seguito alle ferite riportate l’11 marzo quando l’esercito israeliano ha aperto il fuoco su centinaia di palestinesi che protestavano contro i coloni sulla collina di Jabal al-Arma. In quegli scontri era rimasto ucciso un adolescente palestinese, Mohammed Hamayel, 15 anni. Dalla fine di febbraio Jabal al-Arma è divenuto un punto di tensione fra gli abitanti del vicino villaggio di Beita e coloni ebrei di quella zona. Sulla vetta si trovano i resti di edifici di 3.000 anni fa, risalenti all’Era del bronzo. Gli abitanti di Beita hanno deciso di presidiarli ad oltranza per impedire ai coloni di trasformare quella collina in un sito archeologico controllato da Israele, e di estendere così la loro presenza nella zona.

 

Intanto il Coordinatore delle attività israeliane nei Territori (Cogat) ha informato le Nazioni Unite che finchè persiste la emergenza del coronavirus l’esercito israeliano si asterrà dal condurre demolizioni già programmate di abitazioni palestinesi in Cisgiordania, illegali per la legge militare israeliana. Il provvedimento è stato accolto con delusione da parte palestinese, perché non precisa di quante abitazioni si tratti. «Ci aspettavamo che di fronte all’emergenza Israele annunciasse il congelamento delle attività di colonizzazione – ha commentato un funzionario palestinese – invece non ne ha fatto cenno». Nel frattempo il premier e leader delle destre Netanyahu è determinato a realizzare in tempi brevi l’annessione unilaterale a Israele della valle del Giordano e degli insediamenti coloniali ebraici in Cisgiordania, in sintonia con i piani elaborati dal presidente Usa Donald Trump a favore dello Stato ebraico e a danno dei diritti dei palestinesi.