«Una inevitabile conseguenza», «vittime collaterali»: così il presidente degli Stati uniti, Barack Obama, ha definito le vittime dei raid americani effettuati con i droni, il cui numero stimato dalla Casa bianca ammonta tra i 64 ed i 116 morti civili. Quella di venerdì è stata la prima valutazione riguardante la «guerra pulita», divulgata dall’amministrazione Obama in risposta alla crescente pressione per ulteriori informazioni sulle operazioni degli Stati uniti all’estero.

Stando alla relazione che James Clapper, direttore della National Intelligence, ha pubblicato, gli Stati uniti tra il gennaio 2009 e il dicembre 2015, hanno condotto 473 attacchi contro il terrorismo, compresi quelli effettuati con i droni senza pilota. Nel rapporto Clapper non ha menzionato né i tempi, né le esatte locazioni in cui si sono verificati gli attacchi, ma il Dipartimento della Difesa e la Cia hanno dichiarato di avere obiettivi in Pakistan, Yemen, Somalia e Libia.

I dati della National Intelligence non comprendono i raid in Iraq, Siria e Afghanistan in quanto gli Stati uniti considerano queste ultime aree di «active hostilities», vale a dire di ostilità dichiarata e se vogliamo più tradizionale. I numeri divulgati dalla Casa bianca non sono certi neanche riguardo i terroristi uccisi dai raid effettuati dai droni della Cia o dell’esercito americano: si parla di un numero variabile tra i 2.372 e i 2.581.

Quelle riguardanti le vittime sono cifre molto più basse rispetto a quelle pubblicate finora dalle associazioni no profit per la difesa dei diritti umani come The New American Foundation e Long War Journal, che tengono questo conteggio dai tempi dell’era Bush e parlano di circa 250 vittime civili sotto questa amministrazione. Le reazioni dei gruppi di pressione e delle Ong che difendono i diritti umani hanno reso noto che a loro parere la cifra divulgata da Obama sottostima l’effettivo numero di vittime e hanno invitato il residente a render noto il numero reale delle vittime civili dei raid effettuati con i droni Anche per il Bureau of Investigative Journalism, un’organizzazione basata a Londra, il totale delle vittime civili, da quando Obama ha fatto il suo ingresso alla Casa bianca, sarebbe sottostimata ed in realtà ammonterebbe a 358 morti.

Il fatto che Wahington abbia deciso di divulgare questi numeri che vengono richiesti da tempo, proprio in un venerdì pomeriggio di uno dei fine settimana lunghi di inizio estate (lunedì 4 luglio è la festa dell’indipendenza) quando l’attenzione riguardo le news è bassa, ha contribuito ad aumentare critiche e polemiche.

Obama ha anche firmato un ordine esecutivo sulla protezione dei civili nella pianificazione delle operazioni militari degli Usa; anche questa risoluzione è stata accolta come una mossa per migliorare l’estetica di quella che è una guerra e che, come ogni guerra, coinvolge vittime innocenti, strette tra due fuochi. Tra i gruppi più attivi nel far sentire la propria voce in questo frangente è stato quello di Code Pink, da sempre attivo e visibile nel far risuonare un campanello d’allarme riguardo le vittime dei raid con i droni, parlandone come una guerra anche se non la si vede un televisione.

Come ha scritto Tom Hayden su The Nation, storico giornale della sinistra americana, ciò di cui l’America ha davvero bisogno in questo momento è di impegni formali da parte dei democratici, inseriti nella piattaforma del partito durante la convention, ma, più di tutto, di un forte movimento pacifista americano, specialmente in vista di una presidenza che, nel migliore dei casi, sarà una presidenza Clinton, di sicuro più interventista e muscolare di quello che sarebbe auspicabile.

I sondaggi, invece, mostrano che una maggioranza consistente di americani si oppone all’idea di aprire un altro fronte di guerra via terra, con il suo carico di perdite statunitensi e deficit di bilancio, mentre, d’altra parte, sostiene con forza l’idea di un intervento militare effettuato con i droni se volto a sconfiggere Isis.

La martellante pubblicità fatta al pericolo di Isis e alla guerra al terrore inaugurata dall’era Bush, ha avuto come vittima principale la coscienza pacifista americana, che vede negli attacchi operati con i droni un male minore contro il quale non opporsi scendendo in piazza. Obama, quindi, mantiene un’apparenza di trasparenza e di presentabilità divulgando una sottostima di morti civili, mentre i funzionari hanno risposto in modo stizzito alle critiche: «Non avremmo dovuto fare tutto questo, divulgare i dati, in primo luogo – ha detto uno di loro, stando al Washington Post – Noi crediamo di aver fatto già ben oltre il nostro dovere».