E’ un hangar degli orrori quello di Augusta dove l’unico sentimento non può che essere un misto di pietà e rabbia. I pompieri che sono entrati nella stiva del peschereccio, attorno a cui è stata creata una mega cella frigorifera, si sono trovati di fronte immagini strazianti. Disumane. In superficie ci sono ossa, scheletri e teschi ammassati in un groviglio terribile. Sotto si intravedono corpi rimasti quasi intatti, tra cui anche quelli di bambini abbracciati alle madri.
Sembra uno spazio senza tempo la tensostruttura refrigerata messa in piedi per la conta dei cadaveri: dentro si respira dolore e compassione. Difficile per chi sta lavorando in questo involucro di morte trattenere le lacrime. Nel molo l’atmosfera è tetra. Le operazioni per il recupero delle salme di quello che è stato definito il più grande e spaventoso naufragio di tutti i tempi nel Mediterraneo sono cominciate.

Prima la messa in sicurezza dell’hangar, poi gli esperti hanno ‘stabilizzato’ il ponte del relitto e recuperato i primi corpi nella parte ‘alta’ del peschereccio: una trentina . Per motivi di sicurezza si alternano al lavoro, 24 ore su 24, squadre di pompieri ogni trenta minuti. Con delle telecamere telescopiche è stata fatta una ricognizione della stiva.

Il prossimo intervento sarà la realizzazione di ‘taglio’ in una parete laterale del peschereccio per permettere ai vigili del fuoco di entrare all’interno e estrarre le salme. Nella ‘cittadella’ realizzata nel porto del siracusano operano ogni giorno circa 150 persone. Si lavora in un contesto complicato. A testa bassa e con lo strazio nel cuore i pompieri stanno tirando fuori dal relitto scheletri e cadaveri. Un via vai mesto, drammatico, lugubre. Per più di un anno questi corpi sono rimasti chiusi nella maledetta stiva del peschereccio, affondato il 18 aprile del 2015, a 40 miglia dalla Libia e a 100 miglia dalle coste della Sicilia. Il barcone è stato recuperato a 370 metri di profondità dalla Marina militare in una maxi-operazione disposta dalla presidenza del consiglio dei ministri, e coordinata dal ministero della Difesa, per tentare di dare un nome alle vittime e permettere alle famiglie di poter seppellire i propri morti. E’ impossibile in questa fase stabilire con esattezza quanti siano i cadaveri, la marina militare stima tra i 250 e i 300 morti. I 28 superstiti nel naufragio parlarono di 700 persone ammassate nel peschereccio, gran parte delle quali rinchiuse nella stiva dai trafficanti che chiusero il portellone per impedirne l’uscita.

L’equipaggio della portacontainer portoghese King Jacob, che fu chiamata a intervenire nello specchio di mare, oltre ai sopravvissuti, recuperò decine di cadaveri, in totale alla fine si contarono 169 vittime identificate. Se la stima delle persone intrappolate nella pancia del barcone è giusta, è probabile allora che il resto dei cadaveri non avrà mai un volto, perché finito in fondo al mare.
Gli esami autoptici sui cadavere e sugli scheletri saranno effettuati da una decina di medici legali di varie università italiane, coordinati dalla professoressa Cristina Cattaneo, responsabile dell’Istituto di medicina legale dell’Università di Milano. «Identificare qualsiasi vittima è un dovere non solo per la dignità dei morti ma soprattutto per i vivi», dice Cattaneo. «Senza un certificato d’identità – aggiunge il medico – orfani e vedovi non hanno la possibilità di portare avanti atti amministrativi e giuridici». La professoressa spiega che il lavoro che stanno compiendo gli operatori nell’hangar degli orrori «è impegnativo e non solo per il numero delle vittime», perché «dobbiamo dare delle risposte a quelle famiglie che cercano i propri congiunti».

Secondo l’Alto Commissariato per i Rifugiati sono 64mila le persone che hanno raggiunto le coste italiane dal Nord Africa nel 2016, 69mila per il Viminale: un numero comunque inferiore a quello del 2015. Superiore all’anno scorso, invece il numero delle vittime: 2.477 riferisce l’Organizzazione mondiale per le migrazioni, a fronte delle 1.785 dello stesso periodo dell’anno scorso. Almeno 45mila le persone sbarcate nei porti della Sicilia. Per stamani è previsto l’arrivo nel porto di Cagliari di circa 300 migranti, soccorsi nei giorni scorsi nel corso di un’operazione coordinata dalla Guardia Costiera al largo delle coste della Libia. Si tratta del terzo sbarco nel giro di una settimana: tra domenica e martedì scorsi, infatti, sono giunti nel capoluogo sardo circa 1.400 migranti.