Con la sua brutalità Mortal Kombat è un picchiaduro onesto. Non c’è nessun tentativo da parte degli autori di dissimulare la violenza dei combattimenti ammorbidendoli con un’auto – censura. I duelli a base di botte invece risultano sempre efferati, crudi e fatali per chi tra i due lottatori infine soccombe. Potrebbe essere considerata un’iperbole la dimensione splatter ma al contrario questa è verista, considerato che si lotta all’ultimo sangue con pugni, calci, artigli, catene, bastoni e ogni tipo di accessorio letale. A rendere sostenibile e appassionante, soprattutto divertente, tanta truculenza è l’immaginario su cui si fonda il racconto che fa da cornice ad una saga giunta al decimo episodio. Si tratta di una rielaborazione in chiave fantasy di mitologie orientali nello stile di Grosso Guaio a Chinatown di John Carpenter, a cui si aggiungono temi cari alla science-fiction americana come i mondi paralleli e gli accrescimenti bio-meccanici. Un riuscito collage di invenzioni iperboliche che dà vita ad una saga che mantiene sempre un tono epico e grave, contrappuntato talvolta da sipari comici e ironici, soprattutto nel precedente episodio e in quello appena uscito nei negozi per Playstation 4, XBox One, PC e per le console della scorsa generazione.
Sviluppato da NetherRealm Studios dopo Injustice Gods Among Us, il picchiaduro superumano ispirato ai fumetti di DC Comics, Mortal Kombat X è il vertice ludico-marziale della serie cominciata nel 1992. L’intreccio è complicato e contorto ma funziona ad arte per incorniciare le vertiginose e feroci sequenze di lotta uno contro uno, il cuore palpitante e sanguinante del videogioco. Si narra delle ancestrali guerre tra gli antichi dei protettori della Terra e quelli cattivi del Regno Esterno, di cui in questo caso approfondiremo anche gli struggimenti politici interni e le guerre civili. Dopo un preludio sulla sconfitta del temibile Shinnok, un flash-forward generazionale ci trasporta 20 anni dopo, introducendo una nuova e micidiale crisi che porterà all’invasione del nostro pianeta.

Questo non è che lo «story-mode» di Mortal Kombat X, un videogame che contiene così tante modalità online e offline da tenere impegnati i lottatori virtuali per decine di ore. Sebbene le altre opzioni di gioco, soprattutto quelle competitive online, siano più appaganti e impegnative, lo story-mode è tutt’altro che trascurabile a causa dell’ andamento cinematografico con cui procede l’esposizione della trama, integrata in maniera scorrevole e mai artificiosa ai segmenti di gioco.

Ci sono lunghi filmati, a tratti di una visionarietà strepitosa, che funzionano da intermezzo per i combattimenti e li giustificano; è un valido escamotage per rendere l’esperienza del picchiaduro godibile anche dal giocatore solitario e per motivare la serie di lotte micidiali con qualcosa che non sia solo l’accumulo di punti e trofei.

In un videogioco del genere è comunque fondamentale il sistema di controllo che qui risulta immediato consentendo tuttavia con il tempo, l’allenamento e il rigore di evolvere personali virtuosismi traducibili in combinazioni fulminee di attacchi spettacolari e pirotecniche coreografie distruttive.
Può sembrare grottesco affermarlo, considerato l’alto tasso di «gore», ma c’è della bellezza nella danza marziale dei lottatori, tanto che talvolta sembra di agire in un balletto macabro in due dimensioni tanto truce quanto elegante. Inoltre come in ogni picchiaduro di valore non c’è ombra di sessismo in Mortal Kombat X, e anche questa è una cosa bella, poiché le donne lottano contro gli uomini ad armi pari e con la stessa forza mortale.

E soprattutto c’è della bellezza nel disegno dei personaggi, anche quelli più turpi e mostruosi come l’oscena e nello stesso tempo sensuale D’vorah, una ronzante donna insettiforme dalla cui schiena sorgono acuminati pungiglioni pugnalanti. Compendio dei pregi di una serie storica che ha fatto lottare, arrabbiare, competere e appassionare milioni di giocatori in tutto il mondo, Mortal Kombat X è un videogame visivamente estremo a causa delle tinte splatter con cui è dipinto ma è puro, spassoso intrattenimento (per adulti) e stimolante agonismo virtuale. Una riuscita rilettura estetica e videoludica della cinematografia «gongfu» mutata dalle esasperazioni ematiche del Kill Bill di Tarantino, la cui protagonista sarebbe un’ispirata aggiunta al già formidabile cast di , nel quale d’altro Mortal Kombat Xonde sono già stati inclusi ospiti scaricabili «alieni» alla saga, come Jason Voorhees di Venerdì 13 e il Predator del film omonimo.