«Gli egiziani sono con i palestinesi», sono le parole di alcuni giovani del café Bishbishi nel quartiere popolare di Sayeda Zeinab, mentre sugli schermi della televisione pubblica vanno in onda le immagini di giornalisti e analisti egiziani che criticano Hamas. Questi giovani ci mostrano gli adesivi di una campagna, promossa dai socialisti rivoluzionari, a sostegno del popolo palestinese. Dopo giorni di silenzio, monta in Egitto il malcontento per la posizione, eccessivamente appiattita sull’intransigenza guerrafondaia del premier israeliano Benjamin Netanyahu, del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi.

E così il nascosto sostegno alla causa palestinese ha trovato conferma finalmente nelle parole di una lettera dal carcere dell’ex presidente Mohammed Morsi. L’islamista ha chiesto agli egiziani di «continuare la loro rivoluzione» e ha espresso solidarietà per la resistenza palestinese contro «gli occupanti». Il messaggio è firmato «Mohammed Morsi, presidente della Repubblica araba d’Egitto». Dal giorno delL’arresto, il 3 luglio 2013, Morsi si è sempre dichiarato il legittimo presidente non riconoscendo le autorità a interim prima e la presidenza del golpista Sisi poi.

Per correggere le recenti dichiarazioni, percepite come insensibili alla causa palestinese dell’ex generale Sisi, è intervenuto ieri anche il ministro degli Esteri, Sameh Shokry, per condannare l’uso «eccessivo e ingiustificato» della violenza da parte dell’esercito israeliano. Nonostante la retorica, l’Egitto del dopo golpe resta bloccato su posizioni anti-Hamas che hanno impedito una mediazione efficace per un cessate il fuoco che metta fine ai combattimenti a Gaza.

Restano solo i sostenitori dei Fratelli musulmani, e gli attivisti di sinistra, a mostrarsi sensibili alle sofferenze di Gaza. Se ai secondi è stato impedito di raggiungere la Striscia per fornire aiuti umanitari, i primi, tradizionalmente vicini alle rivendicazioni dei palestinesi, hanno scelto un basso profilo dopo le accuse di «terrorismo» mosse al movimento. I sostenitori della Fratellanza si sono assembrati per una preghiera pubblica nel giorno dell’Eid (la festa di fine Ramadan). In un documento distribuito durante l’assembramento si criticano le deteriorate condizioni economiche in Egitto. Piazza Tahrir e le strade limitrofe erano state chiuse, alla vigilia delle festività, dalla polizia per impedire l’ingresso di eventuali oppositori.

Infine, attivisti per i diritti umani si sono detti preoccupati per l’annuncio del ministero della Solidarietà sociale. Secondo le autorità egiziane, le ong senza licenza dovranno sistemare il proprio status legale entro 45 giorni, altrimenti rischiano la dissoluzione. L’ultimatum viene dopo l’approvazione di una bozza che prevede lo stretto controllo delle ong da parte delle forze di sicurezza.