Sta diventando sempre più intricata la vicenda giudiziaria dell’ex presidente egiziano Mohammed Morsi.
I suoi avvocati hanno deciso, durante l’udienza di domenica scorsa, di ritirarsi dal processo in cui il leader dei Fratelli musulmani è accusato di spionaggio e cospirazione con il movimento palestinese, Hamas, e sciita libanese, Hezbollah. Morsi è apparso provato e dimagrito dietro le sbarre dell’aula bunker dell’Accademia di polizia nel quinto municipio, nella periferia del Cairo, dove è stato trasferito dal carcere di Burj al Arab.
Gli avvocati hanno in particolare criticato i giudici per aver disposto la collocazione del team difensivo di Morsi all’interno della gabbia dove l’ex presidente e altri 35 esponenti della Fratellanza erano tenuti. Durante l’udienza, stavolta Mohammed Morsi ha gridato: «Di cosa avete paura? Di non avere il sostegno popolare?». Nell’udienza precedente, l’ex presidente aveva duramente criticato l’operato dei militari dichiarandosi il presidente legittimamente eletto e rifiutando di riconoscere la corte. I giudici hanno accettato la richiesta degli avvocati di Morsi e disposto la nomina di un nuovo team difensivo. La prossima udienza si terrà il 23 febbraio. Morsi è coinvolto in altri tre processi in cui è accusato di incitamento alla violenza in occasione delle manifestazioni contro il decreto presidenziale che estendeva i suoi poteri, nel dicembre 2012. L’islamista è accusato anche di evasione e insulti ai giudici. Inoltre, la Corte penale del Cairo, ha posticipato al prossimo 16 marzo i processi che vedono coinvolti i leader dei Fratelli musulmani, Mohamed Badie e Khairat al Shater. Gli islamisti sono accusati dell’uccisione di 12 persone all’ingresso della sede della Fratellanza nel quartiere di Moqattam al Cairo nelle manifestazioni del 30 giugno 2013 che precedettero l’arresto di Morsi.
D’altra parte, il clima in Egitto è sempre più teso. E in vista dell’ufficializzazione delle candidature alle presidenziali (si parla di una possibile discesa in campo all’ultimo momento del capo dello staff dell’esercito Sami Annan), torna il terrorismo. Una bomba ha colpito un bus turistico nel Sinai uccidendo tre sudcoreani e un egiziano. Il veicolo stava per passare il confine con Israele, quando una detonazione ha fatto saltare in area il bus. Non sono state rese note rivendicazioni. I turisti avevano appena visitato il monastero di Santa Caterina prima di riprendere il viaggio. I passeggeri erano componenti di un gruppo di turisti religiosi sudcoreani (31 in tutto e tre guide) in visita in Turchia, Egitto e Israele. La frontiera è stata chiusa dopo l’attacco. Ieri sera il gruppo Ansar Beit al-Maqdis, formato da beduini e islamisti, ha rivendicato l’attentato.
Si tratta di un altro grave colpo all’industria turistica egiziana già gravemente condizionata dallo stato di emergenza imposto dopo il colpo di stato militare del 3 luglio scorso. Numerosi attacchi di gruppi jihadisti hanno colpito le stazioni di polizia e veicoli dell’esercito nella regione. Gli stessi islamisti radicali hanno rivendicato il triplice attentato del 24 gennaio scorso che ha in parte distrutto il museo di arte islamica del Cairo aprendo la strada a giorni di violenza, prima dell’ufficializzazione della candidatura alla presidenza della Repubblica di Abdel Fattah Sisi, alle presidenziali di aprile.
Mentre si fanno sempre più serrate le voci di possibili candidature di esponenti politici laici, in prima fila il nasserista Hamdin Sabbahi. Anche i giovani ribelli (Tamarrod) avrebbero intenzione di scendere in campo con la formazione di un partito politico. È quanto ha dichiarato alla stampa locale uno dei giovani del movimento nato per chiedere le dimissioni di Morsi, Mustafa al Souissi.