A differenza di molti suoi colleghi Nicola Morra, senatore M5S e presidente della commissione antimafia, ha aspettato che le urne digitali di Rousseau chiudessero prima di dichiarare che non aveva partecipato alla consultazione perché non condivideva il fatto di avere accorpato in un unico quesito le sorti della Calabria, la regione nella quale vive ed è stato eletto, e l’Emilia Romagna. «Non si mettono assieme le mele e le pere – sostiene Morra -. Stiamo parlando di territori e situazioni completamente diversi».

Si aspettava un risultato del genere?

Era una consultazione dall’esito imprevedibile, a maggior ragione per il fatto che hanno votato in pochi, il che ha contribuito ad alimentare l’incertezza del risultato.

Si poteva gestire in modo differente tutta questa storia?

Io ritengo di sì, poteva andare diversamente. Già lo scorso 2 novembre avevo scritto una mail al nostro capo politico per sollecitare un voto su Rousseau, ma su base regionale, da indire entro 72 ore. Ho chiesto a Luigi Di Maio di interessarsi di Calabria a partire dalla primavera del 2018, c’era stata già qualche interlocuzione sul territorio, si poteva costruire il programma e formare la squadra per poi fare le graticole (i momenti in cui gli attivisti interrogano gli aspiranti candidati, ndr), aprirci al territorio e andare oltre i nostri iscritti.

Era questo il percorso che immaginava per la sua Calabria?

Mi rendo conto che parlare di società civile in Calabria è difficile, da noi manca la tradizione di impegno civico che esiste in altri territori. Da presidente della commissione antimafia dico che le infiltrazioni sono notevolissime, in tanti pensano sia normale candidare parenti e amici. Questo metodo non ci deve appartenere. Per questo la scelta del candidato dovrebbe essere l’esito di un processo, solo alla fine di questo percorso bisognava individuare la persona con maggiore capacità di ascolto. Questo dovrebbe essere il M5s.

Tornerete mai con la Lega, come dice qualcuno?

Ho letto alcuni retroscena, per me sono pura fantasia. Abbiamo avviato un percorso che al di là del nostri compagni di viaggio attuali potrà portare risultati soltanto se sapremo portare avanti le nostre battaglie. Penso al conflitto di interessi o alla maggiore giustizia sociale. Con tutti i dubbi che nutro sullo strumento del Pil come misura del benessere, comunque quell’indice è dato in crescita da qualche anno, se pure di poco. Bene, questa crescita anche se leggera non è mai stata redistribuita.

La maggioranza di governo è meno solida adesso?

Abbiamo detto in tutti i modi che queste sono elezioni amministrative, abbiamo ribadito che le elezioni politiche generali sono tutt’altra cosa. Sono convinto però che questa esperienza di governo ci debba sollecitare ad un maggiore ascolto dei territori, dobbiamo stare di più fuori dai palazzi. È quello che Di Maio stra tornando a fare, essersi chiusi per troppo tempo a Roma ha di fatto reso più difficile la comunicazione tra i portavoce e i cittadini. Perché con loro bisogna cominciare a parlare, non solo con gli attivisti.

Per fare tutto ciò è sufficiente la riforma interna al M5S annunciata da Di Maio?

Quel processo deve essere ripensato, come ho cercato di proporre rispetto al percorso che avevo delinato per la costruzione delle lista regionali. Dobbiamo ritornare a organizzare la cittadinanza attiva. I MeetUp non sono stati più curati, abbiamo abbandonato quelle che considero le cellule base dalle quali ripartire per rigenerare il M5S. Non bisogna dimenticare la lezione di Gianroberto Casaleggio: dobbiamo puntare ad un soggetto politico leaderless, strutturare un soggetto politico basato su assemblee determinate e organizzato. Per assumere decisioni forti, nette e condivise e al tempo stesso evitare il rischio di indeterminatezza che l’assemblearismo comporta.

Beppe Grillo riuscirà a sbrogliare la matassa?

Beppe è imprevedibile. Noi siamo portati a osservare la realtà senza cogliere le novità, lui che è un nomade del pensiero e un cosmopolita ha un punto di vista diverso. Ricordo un suo tweet di febbraio, quello che disse che eravamo tra il Comma 22 e il letto di Procuste.

Quel tweet ironizzava sul modo a volte contorto in cui vengono formulati i quesiti delle consultazioni sulla piattaforma Rousseau…

Esattamente.