Barletta Trani e Andria, Savona, Pescara, Prato, Modena e Rimini. Sono le città italiane che avevano il record degli sfratti per numero delle famiglie residenti nel 2015. Il rapporto annuale sugli sfratti, pubblicato ieri dal ministero dell’Interno, dimostra che l’emergenza casa è diffusa a macchia d’olio in tutto il paese e interessa i piccoli e i grandi centri del Nord e del Sud, senza differenze. E i più colpiti sono i piccoli e medi centri che negli ultimi tre anni hanno conosciuto un’emergenza mai vista prima.

Nelle prime tredici posizioni della classifica stilata dal Viminale, si trovano tutti piccoli e medi comuni: si va da Barletta-Andria-Trani (uno sfratto ogni 148 famiglie) a Pistoia (uno sfratto ogni 268). La prima grande città è Roma al 14° posto (uno su 272). Nell’ultimo anno si è registrato un lieve miglioramento nel rapporto tra i provvedimenti di sfratto emessi e il numero delle famiglie residenti: nel 2014 era uno ogni 333 famiglie. Nel 2015 la media nazionale è stata uno ogni 399 famiglie.

Tendenza inarrestabile

Massimo Pasquini, segretario nazionale dell’Unione Inquilini, avverte che queste cifre sono lorde, comprendono le famiglie proprietarie, usufruttuarie o assegnatarie di alloggi popolari e non si riferiscono alle sole famiglie in locazione da privati. «Questo significa che il dato è molto peggiore»sostiene. Molto spesso le famiglie sotto sfratto scelgono di lasciare la casa prima dell’intervento dell’ufficiale giudiziario o della polizia. In più le prefetture tardano a inviare i dati. «L’impatto reale di questo fenomeno – sostiene Pasquini – sarà compreso quando i dati provenienti dalle province saranno completi». A dare ragione a questa tesi è la tendenza registrata nell’ultimo decennio. Nel 2005 – si legge nel rapporto – gli sfratti erano uno ogni 515 famiglie. Oggi sono 116 in meno. È la prova di un aumento considerevole nel medio periodo.

Allo stato attuale la regione che presenta il maggior numero di sentenze di sfratto è la Lombardia con 12.308 provvedimenti, il 19% del totale nazionale. Segue il Lazio con 8.745 sentenze, la Toscana con 5375. La regione con il maggior numero di sfratti eseguiti con l’intervento dell’ufficiale Giudiziario è ancora la Lombardia con 5.743 sfratti eseguiti (il 17,6% del totale nazionale), seguita dal Lazio (3.852, pari all’11,8%), dalla Toscana (3.307, pari al 10,2%), dall’Emilia Romagna (3.191, pari al 9,8%), dal Veneto con 2.811 (8,6%), dalla Campania con 2.515 (7,7%) e dal Piemonte con 2.049 (6,3%). Non deve trarre in inganno nemmeno la flessione dei numeri degli sfratti eseguiti con la forza pubblica: -10,44% rispetto al 2014. Mancano i dati dei comuni più grandi: da Milano a Napoli a Bologna, arrivando a Palermo e Ragusa.

Morosità incolpevole: è boom

Il monitoraggio annuale restituisce un andamento altalenante e composito. Da un lato, diminuiscono le sentenze di sfratto: nel 2015 erano 64.676 (di cui 32.546 quelli eseguiti), mentre nel 2014 erano 77.526 (36.340 eseguiti). Dall’altro lato si conferma la motivazione economica: all’origine del 90% di questi provvedimenti c’è la «morosità incolpevole». Sempre più inquilini si trovano nell’impossibilità di pagare l’affitto perché uno o più componenti del nucleo familiare ha perso il lavoro e tarda a riconquistare un livello di reddito sufficiente per pagare l’affitto. Il 2015 a Roma è stato drammatico: sono state 3030 le sentenze di sfratti. È il dato più alto degli ultimi dieci anni nella città che lo storico dell’arte e ex sindaco Giulio Carlo Argan definì «di gente senza case e di case senza gente». In mancanza di politiche abitative razionali e organiche, e non basate su spot o annunci, questo significa che è aumentato il ricorso agli sfratti per mano della forza pubblica. L’assenza di welfare genera lo stato di emergenza, il ricorso agli ufficiali giudiziari e alla forza lo alimenta. La casa diventa così un problema individuale, non una questione sociale. E così si cerca di nasconderlo.

E Renzi taglia il fondo affitti

Tutti gli strumenti, risicati e inefficienti, adottati dai governi soprattutto dall’inizio della crisi in poi si sono rivelati un fallimento. Al 30 giugno 2015 le risorse assegnate agli enti locali erano 93,7 milioni sui 132 previsti dal «piano casa Lupi». Solo 88 milioni sono stati trasferiti. Sui 25 milioni riservati alle famiglie disagiate, solo 3,5 sono arrivati alle regioni e ai comuni. Il fondo per il contributo all’affitto, pensato per contrastare la morosità incolpevole, è stato azzerato dal governo Renzi nella legge di Stabilità 2016. A 300 mila famiglie (10 mila a Roma) non solo viene negato un contributo modesto, ma viene anche detto che non ci saranno case a canone sostenibile. Molte di loro erano riuscite. Ora dovranno arrangiarsi. Nel 2016, la tendenza tornerà a crescere a causa di questo taglio. «Si continua a incentivare le chimere della casa in proprietà si allarga la fascia dell’esclusione, dell’emarginazione e del bisogno, a cui non dà risposte l’edilizia pubblica priva da anni di risorse continuative» sostiene Stefano Chiappelli, segretario generale del Sunia Milano.