Una degli aspetti più positivi della popolarità e della diffusione che i manga hanno esponenzialmente ricevuto negli ultimi tre decenni, e non si tratta di un fenomeno legato solo alla nostra penisola, è senza dubbio il fatto che ora viene tradotta e resa disponibile al pubblico una quantità sempre più varia ed eterogenea di fumetti provenienti dal Sol Levante. Un po’ quello che sta succedendo per la letteratura prodotta nell’arcipelago giapponese, il parallelo ha naturalmente moltissime differenze, dove non sono più solo i nomi più grossi a venir pubblicati, anche se sono quelli che sicuramente vendono, ma la produzione letteraria proveniente dal paese asiatico è sempre più variegata e stratificata, come è giusto e naturale che sia e come per altro accade per altri paesi e lingue. In questa ondata di titoli offerta dalle varie case editrici specializzate in manga, succede sempre più spesso che si vada a pescare anche nel passato del fumetto del Sol Levante, esplorando anche quelle zone meno conosciute e minoritarie e pubblicando quindi opere che solo qualche decennio fa sarebbe stato impensabile veder tradotte nella nostra lingua. Appartiene sicuramente a questa categoria Daijiro Morohoshi, nato a Tokyo nel 1949, ed i manga che ha continuato a creare a partire dal suo debutto avvenuto nel 1970.

Artista ancora semi-sconosciuto nel nostro paese, Morohoshi in Giappone è un autore di nicchia che ha però saputo influenzare artisti di grande portata quali Anno Hideaki e Hayao Miyazaki, rispettivamente per Evangelion e Nausicaä della Valle del vento, ma anche Shin’ya Tsukamoto, per Tetsuo e senza dimenticare che il suo Hiruko the Goblin è tratto proprio da un manga di Morohoshi, Yokai Hunter. Fatte queste dovute premesse, la pubblicazione di Ankoku Shinwa – Il mito oscuro (Dynit edizioni, traduzione di Enrico Colasurdo) uno dei suoi manga più significativi, originariamente serializzato su rivista nel 1976, è un’uscita degna di nota ed importante, anche perchè è il primo manga di Morohoshi tradotto nel nostro paese. Si tratta di una rivisitazione dei miti e delle leggende di fondazione del Giappone, la maggior parte dei quali si trovano raccolti nel Kojiki e nel Nihon Shoki, due volumi scritti durante l’ottavo secolo d.C., miscelati e filtrati dall’immaginazione dell’autore e con l’aggiunta di altre simbologie e riti religiosi e fantastici di datazione successiva. Takeshi è un ragazzo di tredici anni senza padre e con una strana cicatrice su una spalla, all’improvviso un giorno viene avvicinato da Koizumi, un enigmatico personaggio che gli comunica che il padre è in realtà stato assassinato quando lui era piccolo. La storia è costruita come un’avventura da parte di Takeshi e dei suoi inseguitori attraverso le zone sacre dell’arcipelago nipponico, alla ricerca della sua vera identità e del perché delle nuove cicatrici che continuano ad apparire sul suo corpo.

Si tratta di un viaggio pseudo-iniziatico che i protagonisti affrontano scoprendo di volta in volta nuovi strati mitologici del paesaggio del paese asiatico in una sorta di simbolico carotaggio della storia dell’arcipelago. Al viaggio fisico che si dipana attraverso megaliti del periodo Jomon (circa 10 mila anni fa), kofun, gli antichi tumuli a forma di serratura che costellano molte zone del Giappone, templi del buddismo esoterico e santuari shintoisti, corrisponde un percorso spirituale e cosmico reso spesso con uno spiccato gusto per il grottesco e l’orrorifico. La storia, benché interessante ed avvincente, potrebbe risultare qua e là leggermente complessa e difficile da seguire, specialmente a chi non sia esperto di storia o mitologia giapponese. Ma la forza di questo manga, come molti dei lavori realizzati dall’artista giapponese del resto, non risiede tanto nella trama o nello sviluppo dei personaggi, che pure ci sono e sono interessanti, ma piuttosto nell’approccio artistico creato dal tratto di Morohoshi che è bravo a mescolare realismo, di solito utilizzato nella descrizione del «mondo comune» di ogni giorno, e sprazzi di assoluta visionarietà che questa quotidianità frantumano completamente.