Non chiamatelo raptus. Non si tratta di un atto improvviso di follia, un momento in cui si è incapaci di comprendere che si sta togliendo la vita a una persona. Ogni femminicidio è premeditato, programmato nei minimi particolari e soprattutto, spiega un dossier del Dipartimento di pubblica sicurezza del Viminale, anticipato da atti violenti, reati «spia» che dovrebbero suonare come altrettanti campanelli di allarme: atti persecutori, maltrattamenti contro familiari e conviventi, violenze sessuali ma anche psicologiche o economiche. Un crescendo che troppo spesso culmina in tragedia.

Solo nei primi due mesi di quest’anno, secondo i dati del Servizio analisi criminale della direzione centrale Polizia Criminale del dipartimento della Pubblica sicurezza, sono stati 13 i femminicidi, in calo del 35% rispetto ai 20 del primo bimestre 2020. Dodici sono stati commessi da partner o ex partner. Sicilia e Lombardia sono le regioni col maggior numero di vittime donne (3).

Per quanto riguarda i moventi nel 2020, il 40% delle donne è stato ucciso per motivi legati al rapporto; nel 2021 si attesta predominate la «lite/futili motivi» con il 39% dei casi. Quanto al modus operandi, si evidenzia per quest’anno la totale assenza dell’uso delle armi da fuoco, in quanto le 13 vittime sono state quasi tutte aggredite mortalmente con coltelli o con altre armi improprie.

Il 2020 con il lockdown ha fatto registrare una diminuzione generalizzata dei reati, con il netto calo anche degli omicidi (-13% rispetto al 2019). E’ aumentata, però, l’incidenza percentuale di donne uccise, passata dal 35,2% nel 2019 al 41,1% nel 2020 (sul totale di omicidi commessi). Le donne uccise in ambito familiare/affettivo sono passate dalle 94 del 2019 alle 99 del 2020. Nella maggior parte dei casi hanno trovato la morte per mano del partner o dell’ex partner, sia nel 2019 (72%) che nel 2020 (68%). In contrapposizione con la diminuzione degli omicidi in ambito familiare/affettivo, l’incidenza delle vittime donne aumenta (dal 62% del 2019 al 69% del 2020), mentre diminuisce quella delle donne uccise in ambito familiare/affettivo da partner ed ex partner (dal 72% al 68%). Nel 2020 i reati spia sono stati 39.166, con un calo del 6% rispetto al 2019.

Durante il lockdown si è registrata una flessione di questo tipo di reati, che subiscono un nuovo incremento già a partire dall’estate, con l’allentamento delle misure restrittive. Per gli atti persecutori, escluso il periodo del lockdown nel quale si evidenziano delle diminuzioni, i dati mantengono lo stesso trend dell’anno precedente. Le violenze sessuali durante la «chiusura» sono diminuite sensibilmente per tornare ad aumentare nel periodo successivo, raggiungendo il maggior numero e luglio (555 casi), mantenendosi, fino a settembre, con valori superiori rispetto agli stessi mesi del 2019, per poi ridursi di nuovo sensibilmente negli ultimi due mesi dell’anno.

Le chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità attivato dal Dipartimento per le Pari Opportunità, sono aumentate soprattutto nei mesi del lockdown (sono state 12.833 nei primi dieci mesi dell’anno; erano 7.526 nello stesso periodo dell’anno precedente). Da marzo, in particolare, l’incremento è stato esponenziale, per poi decrescere con le successive fasi legate alle progressive riaperture dal 4 maggio in poi. La violenza denunciata al telefono è per lo più di tipo fisico e psicologico, raggiungendo nel 2020 il 52% di casi di violenza fisica, con una diminuzione di quella psicologica. Nella maggior parte dei casi è una violenza che si consuma da anni (67,7% nel 2020) o da mesi (21,9%), mentre nel 4,4% dei casi si tratta di primo o unico caso di segnalazione.

Nel 2020, infine, si registra una quota maggiore di violenze che non hanno una storia pregressa, forse sviluppatesi nella prima fase della pandemia.