Come amava ribadire il giornalista camerunese Alain Foka, introducendo la fortunata serie radiofonica Afrique Plus andata in onda su Radio France International (Rfi) tra il 2008 e il 2013, è giunto il momento di rompere ogni legame con quel superficiale «afropessimismo» che ha troppo a lungo dominato la scena.

Altro che miseria

Non si tratta più di dipingere il continente culla dell’umanità in soli termini di miseria, conflitti e sottosviluppo insanabile, ma di predisporre i nostri occhi a un’altra visione, in grado di cogliere il volto dell’Africa contemporanea. Scopriremo così che – in loco – esistono tanti talenti nei settori più diversi e casi eclatanti di successo, quanti se ne contano in ogni altra parte del mondo.

I protagonisti di questa rivoluzione, che spazia dall’economia, alla tecnologia, alla cultura e all’arte, non sono né marziani, né burattini da esporre in fiera, poiché emergono quale punta di un fermento sociale vivissimo, in una terra multiforme e dalla popolazione giovane.

Nell’ambito dell’informazione e dello spettacolo, una prova, forse inattesa, del movimento in atto, è rappresentata dal crescente consenso che la satira africana sta riscuotendo, nei luoghi d’origine, come in quelli della diaspora.

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Complici dell’inedita tendenza, gli strumenti di comunicazione che hanno reso gli umoristi più accessibili agli utenti, almeno in termini potenziali. È però, soprattutto, la fine della pesante censura che ha oppresso, sino ai primi anni 1990, i mass media del continente ad aver favorito l’apertura. Lo afferma il comico nigerino Mamane, alias Mohamed Moustafa Moctari, star della tv e della radio in Francia e in Africa francofona: «Colpire un umorista fa oggi più male che lasciarlo parlare, e i leader politici lo sanno».

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«Colpire un umorista fa oggi più male che lasciarlo parlare, e i leader politici lo sanno»

Ciò detto, non sono rare le situazioni di caricaturisti che pagano ancora un doloroso tributo, quando esercitano in piena libertà il diritto di critica sarcastica e graffiante.

Una divertente intervista

Quali sono i temi che la satira predilige affrontare e a cui il pubblico reagisce meglio? Lo spiegano Roukiata Ouedraogo (attrice franco-burkinabé), Gohou (noto comico della Costa d’Avorio) e Lassane Zohore (fondatore del giornale satirico Gbich) in una divertente intervista dedicata al revival dell’umorismo, nel corso del programma Le débat africain (rfi, 11-7-2016).

Il pubblico è sensibile e ricettivo a questioni che lo toccano nel quotidiano, sia familiare sia sociale; ecco qualche campione-tipo: le vicende di mariti poligami resi cornuti da mogli astute; le ordinarie peripezie dei cittadini alle prese con una burocrazia pletorica e corrotta; l’eterno scontro generazionale fra gli anziani difensori delle tradizioni ancestrali e i giovani ansiosi di progresso a ogni costo.

Argomenti del genere sono sviscerati di continuo, sino a costituire una sorta di pozzo inesauribile al quale gli umoristi attingono.

Uditorio eterogeneo

Certo, i comici francofoni sanno di rivolgersi a un uditorio estremamente eterogeneo, non soltanto per le differenze che esistono tra ai singoli stati, ma anche per il fatto d’interloquire con chi abita in Africa e con chi è emigrato.

Se l’impiego del francese sembrerebbe, in teoria, agevolare l’accesso a una platea di spettatori amplissima e sovranazionale, in concreto, può rivelarsi una trappola ingannevole, come chiarisce Mamane: «Pur indirizzando lo stesso messaggio, non lo posso esprimere nella medesima maniera con tutti» (Africultures, 29-11-2011). Il repertorio va distinto e i testi degli sketch teatrali, radiofonici o televisivi sono da rielaborare e adattare al singolo pubblico. La parte musicale, ad esempio, è fondamentale in Africa, mentre lo è meno in Europa.

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Una copertina della rivista satirica Gbich!

Vi è poi un nodo assai delicato da sciogliere, per gli artisti comici di professione: la giusta retribuzione del loro lavoro. Un tempo, erano invitati in occasione di eventi mondani, quali i matrimoni, per esibirsi di fronte a un uditorio festoso e, magari, un po’ distratto. Le loro performance non erano pagate in denaro, bensì in natura: un sacco di riso per la famiglia o qualche birra per gli amici. «Oggigiorno, invece – sostiene con fermezza Gohou – l’umorista intende sopravvivere grazie alla sua arte» e non si accontenta più di una misera mancia. «Purtroppo, finanziariamente, resta difficile», aggiunge il comico. Così in tanti scelgono di trasferirsi in Europa per acquisire fama e un benessere economico conseguente.

Un altro fattore che spinge gli artisti a emigrare è la scarsità di teatri per esibirsi dal vivo nei paesi africani; ciò li obbliga, quando recitano, a doversi rivolgere, spesso, ai Centres Culturels Français presenti nelle capitali francofone.

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Eppure, contro tale tendenza, degli sforzi significativi sono di attualità e lo dimostra «Abidjan capitale du rire / Festival du Gondwana», evento che si terrà in Costa d’Avorio dal 9 all’11 dicembre 2016 e che sarà ospitato nei locali del Palazzo della cultura.

La manifestazione s’ispira alla celeberrima trasmissione condotta quotidianamente da Mamane su Radio France Internationale, da Parigi, e intitolata Chronique de Mamane. In onda dal 2010, il programma, in qualche minuto, rilegge la cronaca mondiale del momento nell’ottica degli abitanti di un fantomatico stato africano, «la très très démocratique république du Gondwana / la molto, molto democratica repubblica di Gondwana».

Alle prese con un presidente che accampa qualsiasi scusa pur di mantenersi in sella, i gondwanesi hanno sviluppato l’arte della débrouille (dell’arrangiarsi) all’ennesima potenza e sono ben consapevoli che, nella vita, ogni cosa è relativa. Il loro universo virtuale è diventato un luogo comune per gli africani francofoni e, racconta sorridendo Mamane, ormai, «i giornalisti riprendono correntemente l’espressione Gondwana per indicare un paese in cui tutto va male».

Il potere della radio e della lingua

Un’ultima osservazione: la radio costituisce, per qualsiasi umorista africano, il mezzo di comunicazione per eccellenza, poiché è ancora lo strumento più accessibile e diffuso nel continente; per questo «passare su Rfi» è una sorta di consacrazione, per gli artisti, a dispetto del fatto che l’emittente sia nata nel paese dell’ex potenza coloniale e che imponga, di conseguenza, l’impiego del francese, idioma ufficiale di parecchi stati, ma non necessariamente compreso da tutti i cittadini.

Conclude con un po’ di amarezza Mamane: «È la lingua che mi permette di viaggiare. È un veicolo… ma permane rispetto ad essa un rapporto di amore-odio, in quanto è la lingua del colonizzatore pur essendo quella di cui mi servo io… che devo rendere mia».

La fantasia degli africani è là per reinventare, giorno dopo giorno, un idioma venuto da lontano.