Il giorno dopo l’incendio che ha distrutto il campo profughi di Moria la Grecia è sempre più un Paese law&order. «Chiunque pensa di poter raggiungere la terraferma e poi viaggiare fino a in Germania lo dimentichi. Agli adulti non sarà consentito lasciare Lesbo», ha chiarito fin dal mattino il viceministro per l’Immigrazione Giorgos Koumoutsakos parlando in televisione. Chi sperava, come pure era stato richiesto dalle istituzioni europee, che una parte dei richiedenti asilo venisse trasferita sul continente in modo da alleggerire la pressione sull’isola dell’Egeo, in questo modo è servito. L’ordine viene prima della pietà.

Quello che rimane del campo di Moria (nella notte l’esplosione di alcune bombole ha provocato nuovi roghi subito spenti dai vigili del fuoco) è l’immagine della sconfitta dell’Europa nell’affrontare la questione migranti. Rimasti senza più nulla dopo aver perso tra le fiamme anche le poche cose che possedevano, 12 mila uomini, donne e bambini hanno passato la notte dormendo all’aperto in qualunque posto potesse offrire loro un minimo di riparo: nelle strade, nei parcheggi, alle fermate dei pullman.

Alcune centinaia hanno raggiunto gli uliveti che si trovano nei dintorni dell’ex campo ormai incenerito. Tantissimi aspettano seduti sull’asfalto. Se l’inferno di Moria offriva quanto meno un bagno ogni 160 persone, adesso non hanno più neanche quello e sono in molti a spingersi nei villaggi alla ricerca di un po’ d’acqua. «Hanno bisogno di tutto, dai beni di prima necessità al supporto psicologico» spiega Vera Megali Keller, avvocato e attivista tedesca che si trova sull’isola.

A rendere poi tutto ancora più complicato ci sono i blocchi stradali fatti da parte della popolazione locale, e che hanno reso difficile anche per le ong come Medici senza frontiera raggiungere gli ospedali in cui operano. La situazione si è sbloccata in serata quando almeno per lo staff di Msf è stato possibile ricominciare a lavorare. Tra i primi a essere curati c’era un bambino: «Ha la febbre alta, ha inalato fumo e gas lacrimogeni. Lui e la sua famiglia dormono sul ciglio della strada», ha spiegato su Twitter l’ong.

Le cose potrebbe migliorare un po’ oggi con il trasferimento di almeno duemila persone a bordo di tre navi, un traghetto e due imbarcazioni della Marina militare greca. Altre due navi sono in arrivo cariche di generi di prima necessità come coperte, tende e cibo. Dopo aver proclamato lo stato d’emergenza per l’isola, il governo ha assicurato che il campo di Moria non verrà ricostruito, senza spiegare però con cosa intenderebbe sostituirlo. Nel frattempo ieri si è lavorato per rimettere in piedi le poche tende sopravvissute alle fiamme.

Per fortuna almeno i minori non accompagnati non si trovano più sull’isola. 406 sono stati prima trasferiti in strutture adeguate e sicure, e poi con tre voli portati nel nord della Grecia e alloggiati in ostelli in attesa del loro ricollocamento in Europa. Un piano messo a punto dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dal presidente francese Emmanuel Macron prevede il ricollocamento praticamente per tutti loro per ora in Germania, Francia e Olanda. «L’Europa non ignori quanto accaduto a Moria e non volti la faccia dall’altra parte», ha chiesto ieri sera la presidente greca Katerina Sakellaropoulou sollecitando probabilmente il ricollocamente anche degli adulti dopo quello dei minori. Su questo, però, l’Europa sembra ancora lontana.