Massimo e Gianmario Moratti, amministratore delegato e presidente della Saras, sono stati rinviati a giudizio per omicidio colposo. Nei giorni scorsi il pubblico ministero Emanuele Secci, magistrato della procura di Cagliari, ha inoltrato al giudice dell’udienza preliminare la richiesta di rinvio a giudizio per i due fratelli Moratti e per altre 13 persone. Secondo il magistrato sono tutti responsabili della morte di Pierpaolo Pulvirenti, un operaio che la sera dell’11 aprile del 2011 perse la vita mentre era impegnato in lavori di manutenzione degli impianti della raffineria Saras di Sarroch, sulla costa meridionale della Sardegna, a pochi chilometri da Cagliari.

Pulvirenti era dipendente a tempo indeterminato di una ditta di Catania alla quale la Saras aveva appaltato le manutenzioni. La condotta alla quale lavorava l’operaio doveva essere libera da gas; questo almeno era quanto sarebbe stato detto a Pulvirenti e agli altri della sua squadra. Invece nelle condutture gas ce n’era ancora tanto.

L’operaio venne investito da un getto molto forte di idrogeno solforato, che lo stordì facendolo cadere da un’altezza di 17 metri. Venne subito trasportato in ospedale, ma tutti i tentativi dei medici di strapparlo alla morte risultarono vani. Con Pulvirenti rimase gravemente intossicato un suo compagno, Gabriele Serrano, che però riuscì a salvarsi. Un terzo operaio, Luigi Catania, nel tentativo di aiutare i colleghi, cadde da una scala, senza gravi conseguenze.

Secondo quanto si legge nell’ordinanza di rinvio a giudizio, la responsabilità dei Moratti consisterebbe nella «violazione delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro». Più precisamente, non si sarebbero messe in atto le misure necessarie per impedire il «formarsi, negli impianti, di concentrazioni letali di idrogeno solforato». L’ordinanza parla inoltre di «inefficace e incompleta azione di bonifica», di «sottovalutazione del rischio» e di «assenza di sistemi di controllo efficaci». Come tutte le raffinerie, anche la Saras aveva un suo protocollo di valutazione dei rischi. Secondo il magistrato, quello della raffineria dei Moratti è stato predisposto «senza individuare le procedure per attuare le misure di sicurezza».

Tra gli altri rinviati a giudizio per omicidio colposo ci sono Dario Scafardi, direttore generale della Saras, Guido Grosso, direttore dello stabilimento, Giulio Mureddu, responsabile operation e Gianluca Cadeddu, responsabile dell’area distillazioni e solforazioni. Più altri 7 quadri, titolari di varie aree operative.

Secondo il magistrato, Grosso, Mureddu e Cadeddu non hanno informato gli operai «sulle misure di prevenzione, sul divieto di proseguire l’attività in presenza del gas e sui suoi rischi mortali». E non hanno nemmeno fornito ai manutentori «i necessari dispositivi di protezione individuale».
Quando è morto, a 23 anni, Pierpaolo Pulvirenti lavorava alla Saras da 3 giorni. Prima studiava alla facoltà di Farmacia di Catania. Con Gabriele Serrano, suo compagno di corso, aveva saputo che una ditta catanese, dove lavorava il padre di Serrano e fornitrice della Saras, cercava avventizi per un contratto da 20 giorni nella raffineria di Sarroch. Era quindi un lavoro a termine, che ai due ragazzi serviva giusto per farsi un po’ di soldi per le vacanze e gli studi. Non avevano alcuna esperienza di impianti industriali, tantomeno di impianti pericolosi come quelli delle raffinerie. Avevano preso servizio l’8 aprile 2011. L’11, tre giorni dopo, la tragedia.