«Ottocentocinquantamila euro?». Sì, 850 mila euro. La turista australiana guarda a bocca aperta la notizia sul suo telefonino, lo stipendio annuale dell’ad di Ferrovie Mauro Moretti, mentre aspettiamo da oltre un’ora – con varie cancellazioni in mezzo e annunci di ritardo – il treno per Fiumicino. Sì, quello che dovrebbe passare ogni quarto d’ora. Come tante altre «frecce» italiane – soprattutto regionali – è in ritardo. Porte rotte, bagni sporchi, e quello che dovrebbe rappresentare una «vetrina» per il turismo internazionale, ci fa collezionare l’ennesima brutta figura.

Solo impressioni da viaggiatore incavolato? No, affatto. Anche le cifre «macro», ultimo il rapporto sulla spending review di Carlo Cottarelli, dicono che le Ferrovie continuano a essere gestite male, fallendo nel loro obiettivo di azienda pubblica: essere realmente di servizio ai cittadini.

Cottarelli, basandosi su una ricerca di due docenti di Scienza delle Finanze della Bicocca di Milano, Ugo Arrigo e Giacomo Di Foggia, ha rilevato che Fs riceve dallo Stato trasferimenti superiori di ben il 55% rispetto alla media europea, ma che al contrario i passeggeri sono in fuga: dal 1992 quelli di Fs sono diminuiti del 16%, mentre in Germania sono aumentati del 39% e in Francia del 45%. Sempre dal ’92, il bilancio di Ferrovie ha inciso sul debito pubblico per 259 miliardi di euro, pari a oltre il 12% dello stock complessivo.

Insomma, gli italiani sono insoddisfatti del lavoro di Moretti, e se vorrà andarsene, come ha minacciato ieri non appena si è saputo che Renzi è pronto a tagliare gli stipendi dei manager di Stato, nessuno verserà una lacrima. E aggiungiamo di più: è scandaloso che in un Paese dove la povertà cresce al pari della disoccupazione, dove si minacciano i pensionati di tagli per far ripartire l’economia, un manager stra-pagato si rifiuti di fare la sua parte.

Moretti prende oltre 70 mila euro al mese, quasi tre volte il reddito annuale dei pensionati che Cottarelli ha messo nel mirino per la sua spending. Crediamo che possa scendere tranquillamente ai 240 mila euro di reddito del presidente Napolitano, scelto come standard per tutti. E sinceramente utilizzeremmo volentieri i 610 mila che avanzano per pulire i treni e renderli più puntuali.