Una nuova rivolta rischia di esplodere in Ecuador contro il governo di Lenin Moreno: in piena pandemia, ha annunciato un taglio di oltre quattro miliardi di dollari alla spesa pubblica per evitare «il collasso economico» del paese.

«Tutti i popoli del mondo stanno attraversando momenti difficili, stiamo tutti lottando per fermare i contagi e ridurre le morti, ma allo stesso tempo dobbiamo prendere misure per evitare il crollo dell’economia», ha dichiarato il presidente in un discorso rivolto domenica alla nazione, mentre a Quito risuonava il cacerolazo promosso da vari movimenti sociali.

Il presidente ha ricondotto la necessità dei tagli alla crisi sanitaria che, ha spiegato, ha distrutto 150mila posti di lavoro e causato perdite per 12 miliardi di dollari, evidenziando come il paese non abbia «mai affrontato una situazione così grave».

Tuttavia, le misure di austerity ora riproposte – in controtendenza rispetto a buona parte del mondo – sono iniziate ben prima della pandemia, la cui gestione peraltro è duramente criticata dalle forze popolari.

Già la nomina di Richard Martínez, ex presidente del Comité Empresarial, alla guida del ministero dell’Economia era suonata come un’esplicita dichiarazione di intenti, poi puntualmente tradottasi in una flessibilizzazione della legislazione sul lavoro, in benefici fiscali per le grandi imprese, nel contenimento degli investimenti pubblici.

Finché il paquetazo annunciato il primo ottobre scorso, con l’eliminazione dei sussidi statali ai combustibili e la liberalizzazione del prezzo della benzina e del diesel, non aveva scatenato una delle maggiori rivolte nella storia del paese, durata undici giorni e conclusasi con la revoca delle misure da parte dell’esecutivo.

Resta ora da vedere se a Moreno basterà farsi scudo con la pandemia per evitare una nuova insurrezione.