Non ci sta Evo Morales a vincere tra accuse di brogli elettorali. E così, dopo aver sollecitato la realizzare una revisione dello scrutinio delle elezioni presidenziali del 20 ottobre, il governo ha annunciato che una commissione di esperti dell’Oea darà inizio oggi all’audit sui risultati del primo turno contestati dall’opposizione. Un accordo, quello con l’Oea, frutto di due riunioni sostenute dal ministro degli Esteri Diego Pary con il segretario generale dell’Onu António Guterres e quello dell’Oea Luis Almagro, il quale aveva poi confermato la costituzione di un équipe composta da circa 30 tecnici di diverse nazionalità. «Tale processo permetterà di risolvere tutti i dubbi riguardo all’esito del processo elettorale», ha dichiarato Pary, con una precisazione assai importante: il risultato dell’audit sarà vincolante per entrambe le parti.

Pare tuttavia che per il candidato di destra Carlos Mesa non sia così. Se, di fronte alla sfida lanciata dal vicepresidente García Linera – «Perché chi denuncia la frode si oppone al riconteggio dei voti sotto il controllo di organismi internazionali?» – Mesa aveva dichiarato che avrebbe partecipato all’audit solo se i risultati fossero stati vincolanti, ora ha cambiato nuovamente idea.

L’audit, ha spiegato, è stata decisa «senza accogliere le nostre condizioni, a cominciare da quella di disconoscere i risultati diffusi dal Tribunale supremo elettorale, e senza la necessaria partecipazione dei rappresentanti della società civile. Negli attuali termini, noi non l’accettiamo».

Dopo le mobilitazioni realizzate in varie città pro e contro il governo, e gli scontri in cui sono rimasti feriti una trentina di manifestanti, la crisi è così destinata a prolungarsi. Ma è proprio quello a cui mira l’opposizione boliviana.