La serata del 20 aprile del 1965 si era aperta sotto una cattiva stella per il pubblico della Carnegie Hall di New York. La star della Lucrezia Borgia, opera di Donizetti di non frequente esecuzione, l’americana Marilyn Horne aveva dato forfait e in cartellone campeggiava il nome di un soprano pressoché sconosciuto, la catalana Montserrat Caballé. Il successo di quella sera, con un’ovazione finale di venticinque minuti, rimane fra i classici delle consacrazioni della scena operistica. Vita e carriera cambiarono in una sola notte per il trentaduenne soprano, scomparsa ieri a Barcellona all’età di 85 anni.

Nel giro di pochi mesi con il debutto al Festival di Glyndebourne nel Rosenkavalier di Strauss, al Metropolitan di New York come Marguerite nel Faust di Gounod e la prima registrazione discografica per la RCA (proprio Lucrezia Borgia, accanto a Alfredo Kraus) Caballé si sarebbe imposta come star internazionale, aprendo la parabola artistica di una delle voci liriche più celebri del ventesimo secolo. Pochi sapevano che fino a qualche mese prima la frustrazione del mancato successo internazionale aveva portato la cantante a contemplare perfino la possibilità di abbandonare le scene.

Nata il 12 aprile 1933 a Barcellona da una famiglia modesta, aveva avuto eccezionalmente accesso al conservatorio della sua città a nove anni, frequentandolo poi per i dodici successivi, un lungo periodo di studi di cui andava fiera. Fra i suoi insegnanti ha spesso sottolineato i meriti di Napoleone Annovazzi, direttore fiorentino trasferitosi a Barcellona, e del soprano ungherese Eugenia Kemeny. Nel 1954, diploma e medaglia d’oro del conservatorio in tasca, partì alla volta dei paesi di lingua tedesca, come tanti artisti spagnoli prima e dopo di lei.

Nel 1956 entrò nella compagnia dell’opera di Basilea, dove iniziò a affrontare le parti più disparate da soprano lirico, Pamina, Tosca, Aida e le straussiane Arabella e Salomè. Nel 1959 passò all’Opera di Brema, dove fra l’altro affrontò La Traviata e Armida di Dvorak. Anni in cui la giovane artista macinava titoli e recite, da Lisbona a Città del Messico, senza però centrare una vera affermazione, affinando uno strumento di soggiogante bellezza timbrica, di estensione notevole, di omogeneità e possibilità tecniche sensazionali, specie nei famosi pianissimo, una voce perfetta per interpretare tanti titoli belcantistici del melodramma italiano.

Dopo il 1965 tutti i teatri le aprono le porte, inclusa l’Italia. Nel 1968 approda a Firenze con un mitico Trovatore e a Verona nel Don Carlo, che frequenterà con esisti straordinari a Vienna e a New York, lasciando una magnifica edizione diretta da Giulini, accanto a Domingo. Nel 1970 il debutto alla Scala, come Lucrezia Borgia, è in verità un ritorno perché vi era comparsa, ignota, come fanciulla fiore nel Parsifal dieci anni prima. Gli anni Settanta sono gli anni d’oro, con un trionfo dopo l’altro, fra cui Norma di Bellini alla Scala nel 1972, in cui riesce a entusiasmare anche i nostalgici callassiani. Seguiranno, sempre a Milano, Un Ballo in Maschera, Aida, Luisa Miller, Forza del destino.

Sono anni in cui l’interprete, sorvegliata e intelligente senza essere una vera tragedienne, si avvale del pieno fulgore delle proprie possibilità vocali, entrando anche a pieno titolo nella Belcanto Reinassance ,con molti titoli donizettiani (Roberto Devereux, Maria Stuarda, Gemma di Vergy, Parisina) e partecipando a moltissime edizioni discografiche, dalla pucciniana Turandot a Luisa Miller al Guillame Tell di Rossini e al Requiem di Verdi, senza contare la miriade di incisioni dal vivo.
Importante la relazione con le orchestre RAI, con cui in quegli anni canta rarità come Armida di Rossini, Agnese di Hohenstaufen di Spontini (diretta da Riccardo Muti, che la vorrà in un’incisione di Aida rimasta storica) ma anche Norma, Un ballo in maschera, La Donna del Lago.

A partire dagli anni Ottanta ai successi – fra cui la leggendaria Semiramide di Rossini al Festival di Aix en Provence, accanto alla Horne e la Salomè di Strauss alla Scala, l’incisione della parte di Adalgisa in Norma – la carriera registra qualche scossone per motivi di salute, alcuni scandali (il forfait in Anna Bolena alla Scala nel 1982) e qualche recita e incisione in cui la diva di fama internazionale tende ormai a sostituirsi alla cantante preparata dalla voce onnipotente.
La consacrazione pop arriva nel 1987 con Freddie Mercury con cui canta Barcelona , riproposto poi nel 1992 per le celebrazioni olimpiche.

Una delle rare volte in cui una diva d’opera osava giocare con il proprio fisico corpulento – la splendida Norma filmata a Orange nel 1974 testimonia che il problema del peso si fece sentire solo successivamente – aspetto che Montserrat Caballé ha mantenuto vivo, insieme al buonumore della sua celebre risata, fino alle ultime presenze negli anni duemila, come lo spassoso cameo muto della Duchesse di Krakentorp nella Fille du Regiment di Donizetti. La sua è stata una carriera di cinquant’anni storica e assolutamente irripetibile. Ci si domanda se oggi, in un’epoca in cui registi, cinema e televisione desiderano prevalentemente soprani pin-up, qualcuno si accorgerebbe del debutto tardivo di una nuova Montserrat.