«Non ha senso insistere ora sulla rimodulazione del limite al 4% della partecipazione azionaria del Monte dei Paschi». Il messaggio che il neo sindaco Bruno Valentini aveva lanciato ai vertici di Rocca Salimbeni era chiaro. Lo hanno considerato meno di zero. Il cda guidato dal tandem Profumo -Viola ha deciso che sarà un’assemblea straordinaria, convocata per il 18 e 19 luglio e con l’azionista di maggioranza (la Fondazione Mps) agli ultimi giorni di mandato, a stabilire o meno l’eliminazione del limite del possesso azionario del 4% per i soci privati. Se dovesse arrivare l’ok, con le azioni ai valori attuali – anche se da oggi saliranno parecchio – il terzo gruppo bancario italiano potrà essere acquistato a prezzi più che convenienti. Nonostante il peso dei Monti Bond e dei loro interessi sul bilancio della banca.

La decisione del cda del Monte sugli assetti futuri della banca va in clamorosa controtendenza, almeno rispetto a quanto si muove in città. A Siena aumenta giorno dopo giorno lo scetticismo sulla strategia d’azione delineata dal presidente Profumo e dal dg Viola. La Fisac Cgil del Monte avverte la sua dirigenza: «La banca non è cosa vostra». E lo sconfitto – di misura – al ballottaggio Eugenio Neri incalza: «La priorità deve restare la difesa del Monte, dei suoi lavoratori e del suo legame con il territorio». Per questo Valentini aveva chiesto tempo. Era obbligato a farlo. Pena nuove, ulteriori fratture politiche sotto la Torre del Mangia, dopo soli quattro giorni dalle elezioni. Sarebbe un record.

La carne al fuoco è tanta. Sempre ieri è entrato in vigore il nuovo, generalmente apprezzato statuto della Fondazione Mps, azionista principe della banca con il 33,6% anche se con 350 milioni di debiti. Nel pomeriggio c’era invece in calendario la riunione del consiglio di amministrazione, che aveva ufficialmente all’ordine del giorno l’ok al (nuovo) piano di ristrutturazione da sottoporre all’Ue, per il via libera definitivo ai 4 miliardi di Monti Bond peraltro già prestati – a carissimo prezzo – dal Tesoro italiano. Nella seduta del cda veniva data per possibile, così come è accaduto, anche la convocazione dell’assemblea straordinaria dei soci Mps, in vista di quella rimozione del vincolo statutario del 4%, in vigore per tutti i soci eccetto la Fondazione. In altre parole l’ancoraggio alla “senesità” del Monte.

Quanto al nuovo piano di ristrutturazione da presentare all’Ue, che in teoria doveva essere il piatto forte della seduta del cda, il direttore generale Viola si è limitato a tre semplici parole: «Lo vedrete lunedì». Poche ma illuminanti: se in questi giorni il titolo Mps dovesse salire impetuosamente, anche i sacrifici che sarebbero nuovamente richiesti ai lavoratori dopo quelli già evidenziati dalla Fisac Cgil («licenziamenti, esternalizzazioni, vendita di società, disdetta del contratto integrativo e decurtazione salariale del 20%») potrebbero essere minori. Infine resta agli atti questa dichiarazione del sindaco Valentini: «L’errore più grande della Fondazione è stato quello di fidarsi della precedente dirigenza della banca e anche delle autorità di controllo nazionali che sono venuti, tutti, clamorosamente meno al proprio dovere». Parole forse storicamente azzeccate. Oggi politicamente suicide. Quindi sospette.