«L’incendio che ha divorato 3000 ettari sui monti della Majella è la prova lampante del fallimento della riforma Madia che ha di fatto smantellato il Corpo forestale dello Stato. Un errore madornale che tutti coloro che ne sono stati responsabili dovrebbero avere il coraggio di riconoscere e correggere immediatamente, ripristinando l’unico vero mezzo per salvaguardare il patrimonio boschivo dell’Italia». Ad affermarlo è una delle persone più competenti in materia: Giuseppe Di Croce, primo presidente del Parco nazionale della Majella e a capo del Corpo Forestale dello Stato (Cfs) dal 1999 fino al 31 luglio 2003.

C’erano già stati altri incendi su quel quadrante dell’Abruzzo che brucia dal 19 agosto?
Di queste proporzioni mai. È cosa assolutamente inusuale in questo Paese, non solo sulla Majella ma in tutta Italia, un incendio che si prolunghi per oltre una settimana, divorando migliaia di ettari di bosco, senza riuscire a venirne a capo.

Sull’origine dolosa però non c’è alcun dubbio, e la particolare siccità di questa stagione ha facilitato i roghi…
Guardi che nel 2003 in estate c’erano le medesime condizioni climatiche di quest’anno. E l’autocombustione non esiste, alle nostre latitudini. A parte i fulmini, l’origine dei roghi è quasi sempre colposa o dolosa. Il punto è che se ci fosse stato un presidio sul territorio montano, in poco tempo le squadre addette avrebbero potuto partire e spegnere sul nascere i focolai. Questo incendio sul monte Morrone è la prova lampante del fallimento della riforma Madia: è stata una follia sopprimere il Cfs che aveva affinato le tecniche di intervento e prevenzione dei reati ambientali. Lì c’era gente che aveva studiato scienze forestali, che conosceva bene il territorio, la vegetazione presente, la reazione al fuoco, la direzione del vento, e così via… L’unico corpo che aveva e ha la tecnica, la scienza, la coscienza e la cultura di fare queste cose, che altri non hanno. Tra l’altro, portare volontari sul posto è molto pericoloso, e abbiamo visto che c’è già un ferito grave. Interventi di questo tipo non si possono improvvisare, occorre programmazione e conoscenza del patrimonio naturalistico. Il Cfs era un’istituzione ritenuta eccellente in tutta Europa.

La ministra Madia risponderebbe che è stato accorpato con i Carabinieri, non smantellato.
Di fatto invece è così. Ci sono migliaia di ricorsi contro la militarizzazione di un corpo che era civile e che aveva le capacità di intervento che altri non hanno. Già nel 2001, con la riforma del Titolo V della Costituzione, Bassanini aveva regionalizzato il Cfs ma il parlamento due anni dopo vi pose rimedio. Lo ricorda anche il Tar Abruzzo che ha rinviato alla Consulta la riforma Madia. E proprio sul vostro giornale l’ex giudice costituzionale Paolo Maddalena ha descritto gli effetti nefasti di quella legge che non ha prodotto alcuna riduzione dei costi ma solo una grande dispersione di mezzi e saperi. Quello che sta accadendo è una conseguenza di quella riforma.

Ha mai avuto modo di parlare con l’allora governo Renzi?
No, scrissi al premier e ai ministri Madia e Martina diverse lettere, ma nessuno mi ha mai neppure risposto. E così oggi si fa affidamento solo sui mezzi aerei, dovendo ricorrere addirittura a quelli degli altri paesi europei. Ma se a terra non ci sono squadre in grado di perimetrare l’incendio, nell’intervallo delle operazioni dal cielo le fiamme si riaccendono.

Non sono ancora spenti gli incendi e la Regione Abruzzo sta già pensando al rimboschimento. In Calabria e Sicilia, il sospetto che dietro agli inneschi ci siano mani interessate al business del ripristino delle foreste ha suggerito il rinvio dei bandi, almeno fino alla conclusione delle indagini. Cosa ne pensa?
Fino al 1972, con il trasferimento delle competenze alle Regioni, al rimboschimento provvedeva il Cfs e grazie a questa pratica, e alla natura che poi ha fatto il suo corso, siamo passati da 5 milioni a quasi 11 milioni di ettari di bosco. Però in Calabria e Sicilia, a differenza che in Abruzzo, il rimboschimento è appaltato a squadre di operai pagati dalla Regione. E non mi stupisce se in alcuni casi, come è stato provato, l’incendio sia stato appiccato da personale che aveva interessi economici di questo tipo. In Abruzzo invece sarà perfino difficile organizzare squadre di rimboschimento, perché da tanti anni non vengono più effettuati. Qui la natura ha fatto da sola, ultimamente.

Chi può avere interesse allora in una tale catastrofe?
I motivi di questi criminali possono essere tanti: vendetta, interessi locali, incultura generale… Purtroppo c’è tanta gente che odia il Parco perché ritiene insensatamente che blocchi l’economia locale. Un accanimento contro un patrimonio universale che una persona normale non riesce neppure a immaginare.

Crede che ripristinare il Cfs sia l’unica soluzione?
Sì, spero che tutti coloro che hanno commesso questo errore madornale senza capire il vulnus che avrebbero procurato al Paese, abbiano l’umiltà di riconoscerlo e correggerlo. Il popolo italiano gliene sarà grato.