Dal 10 ottobre le strade di Tunisi non assistono a manifestazioni contro o a favore delle misure eccezionali imposte da Saied il 25 luglio scorso. Nel Paese l’attenzione si sta spostando sui dati macroeconomici per capire cosa sarà della Tunisia nei prossimi mesi.

La clessidra per presentare la legge di Bilancio 2022 sta scadendo. Una prima bozza, non confermata dal ministro delle Finanze Nabil Abdellatif, è stata rivelata in questi giorni: priorità al sostegno alle imprese, alla riforma fiscale, a quella delle imposte e lotta all’evasione fiscale. Un tentativo che sarebbe lodevole e che dovrebbe vedere la luce da qui a fine dicembre.

Salvo che prima il governo, i cui margini di manovra rimangono limitati dal ruolo preponderante del presidente della Repubblica, deve pensare a risolvere il buco di bilancio relativo al 2021. 3 miliardi di dinari (quasi un miliardo di euro) sono i soldi che mancano allo Stato e che rappresentano un blocco per qualsiasi riforma futura. «Questa manovra deve farsi o con un finanziamento diretto da parte della Banca centrale di Tunisia o con un meccanismo di cooperazione bilaterale per assicurare un appoggio budgetario», ha dichiarato a La Presse de Tunisie l’economista Anis Wahabi. Un doppio scenario che palesa le difficoltà a uscire da una crisi economica che attanaglia il Paese da più di 10 anni. Il fatto che anche il Fmi stia temporeggiando sulla promessa di un finanziamento quadro da 4miliardi di dollari in cambio di ingenti tagli alla spesa pubblica aggrava uno scenario già in dissesto. Tutti elementi che promettono di tornare a scaldare l’agenda di Saied in vista di gennaio, il mese in cui le rivendicazioni economico-sociali dei tunisini si fanno più pressanti.