Le Giornate del cinema muto in realtà sono piene di musica, quindi i cinefili che le frequentano studiano il programma anche con un occhio agli accompagnamenti musicali e in particolare a quali film saranno accompagnati dall’orchestra — un’esperienza cinematografica goduriosa, consigliata a tutti, almeno una volta nella vita.

I film accompagnati dall’orchestra San Marco di Pordenone quest’anno sono, in apertura il grande classico di Chaplin The Kid, proposto con le musiche originali scritte da Charlot, riadattate e dirette da Timoty Brock, e per il gran finale un grandissimo Hitchcock, The Lodger, perfetto giallo londinese su Jack Lo Squartatore, orchestra diretta da Günter Buchwald.

Un altro evento musicale è costituito dalla pre-apertura il 4 ottobre a Sacile, con il film comico What Happened to Jones di William Seiter, accompagnamento musicale della Zerorchestra diretta da Juri Dal Dan, film ripreso poi nel programma “normale” a Pordenone.

A metà settimana una preziosa riscoperta Oblomok imperii (Un frammento d’impero) di Fridrikh Ermler, sui mutamenti avvenuti in Unione Sovietica negli anni Venti, ambientato in una San Pietroburgo diventata Leningrado, con la partitura orchestrale originale che a Pordenone avrà la prima internazionale. A dirigere l’orchestra sarà Günter Buchwald. Ritrovamento eccezionale anche quello di un film cinese considerato perduto Fen Dou (La lotta), raffinata produzione di Shanghai, che contrappone due amici operai: Zheng, coraggioso, virile e romantico, e Yuan, lussurioso e avido, che devono affrontare l’occupazione giapponese, in un dramma che risente dell’influenza di Murnau e Borzage..

Si può ipotizzare un accompagnamento tradizionale, con le ballads dei film di John Ford, per le pellicole con William S. Hart, il grande eroe del western muto, modello per tutti i cowboy successivi: silenzioso- ovviamente- e imperscrutabile (statuario?) difensore dei deboli, destinato a un finale solitario.

Una sezione di sicuro divertimento, anche musicale, è quella dedicata alle “cattive ragazze”, le Nasty Women protagoniste di una serie di corti comici degli anni Dieci, che contestano l’ordine sociale patriarcale in due programmi significativamente intitolati “Tirannia domestica” e “Disciplina e anarchia.”

Uno sguardo sulle donne e possibilità musicali di sicuro effetto propone il film MGM Sally, Irene e Mary (1925) di Edmund Goulding, con Joan Crawford e Constance Bennett, sulle storie d’amore di alcune ragazze, che fanno le chorus girls a Broadway e sognano grandi amori, buoni matrimoni e attrazioni fatali, ma si scontrano con realtà ben diverse, in un comedy-drama, ovvero uno di quegli ibridi hollywoodiani dell’epoca in cui si ride, soprattutto agli inizi, e poi si piange, come nella vita.

Un pezzo forte dello sguardo femminile è Joan the Woman (Cecil B. DeMille, 1916) un titolo che è già un programma, scritto da Jeanie Macpherson, la compagna sceneggiatrice del regista con gli stivali, che come lui amava indossare queste scomode calzature anche sul set ed era anche pilota d’aereo. Interprete di questa Giovanna d’Arco, donna passionale ed energica, piuttosto che pulzella, è Geraldine Farrar, famosa star dell’opera lirica, che aveva cantato anche con Caruso, al Metropolitan.

Da non perdere The Moment Before (1916) un originale melodramma interpretato da una delle star del teatro e del cinema dell’epoca, Pauline Frederick, regia di un italiano a Hollywood, Robert Vignola. Il film ha una struttura per l’epoca complessa con un flashback che contiene persino un altro flashback, e personaggi dal profilo etico quantomeno dubbio.

A Wife by Proxy di John Colins (1917) con una delle attrici più note del primo muto, Mabel Taliaferro (cognome italiano ma origini inglesi) è un contorto melodramma di matrimoni da effettuarsi entro una certa data per potere accedere a un’eredità.

Un altro omaggio al divismo muto femminile è Beverly of Graustark con Marion Davies, la giovane amante di W.R Hearst che non perde l’occasione di vestire i panni di un ragazzo, contando sulla sua grazia maliziosa e per nulla angelicata.

Per il cinema italiano continua l’omaggio a Bonnard, attore e regista molto più interessante di quanto le tradizionali storie del cinema non avessero fatto supporre, del quali si vedranno, oltre al famoso Fauno di marmo (1920) due film del periodo tedesco, tra 1928 e 1929, quando il cinema italiano è in apparenza morto e attori e registi si sparpagliano per l’Europa, sprovincializzandosi e imparando un cinema che servirà a far rinascere la produzione locale all’avvento del sonoro, quando Mussolini supporta l’industria nazionale anche per evitare che sugli schermi si ascoltino lingue straniere.