Meglio tardi che mai. Finalmente con decreto interministeriale il governo ha vietato la coltivazione in Italia del mais transgenico della Monsanto Mon 810. I membri dell’esecutivo si erano schierati pubblicamente contro gli ogm, ma alle parole non seguivano i fatti. Tanto che il 15 e 16 giugno scorso in Friuli due campi sono stati coltivati con il Mon 810.

Le associazione ambientaliste e i contadini di Coldiretti e Cia da tempo chiedevano che venissero presi provvedimenti. Hanno promosso raccolte di firme e hanno manifestato davanti a Montecitorio e al ministero della Salute. Ma c’è voluto il parere contrario di tutte le regioni e la mozione unitaria di Camera e Senato per convincere i ministri Nunzia De Girolamo (Agricoltura), Andrea Orlando (Ambiente) e la recalcitrante Beatrice Lorenzin (Salute) a prendere una decisione. Sono gli stessi ministri, però, ad ammettere che «l decreto è solo il primo elemento, quello più urgente, di una serie di iniziative con le quale definire un nuovo assetto nella materia della coltivazione ogm nel nostro paese».

Nei mesi scorsi la Corte di giustizia europea ha negato la possibilità ai singoli paesi comunitari di vietare sui propri territori nazionali la coltivazione dei semi transgenici già approvati da Bruxelles. È sulla base di queste sentenze che il mese scorso in Friuli il solito attivista pro biotech, Giorgio Fidenato, ha provocatoriamente seminato i suoi campi con il mais transgenico. Un cattivo esempio che avrebbe potuto essere ripetuto in altre zone d’Italia.

La pressione delle lobby del biotech sugli agricoltori, infatti, resta fortissima, nonostante il fatto che gli italiani, come dimostrano tutti i sondaggi, gli ogm proprio non li vogliano. Il rischio di contaminazione è alto e le coltivazioni gm mettono a repentaglio la biodiveristà e la tipicità dei prodotti agricoli made in Italy. Un patrimonio che proprio non si può svendere. Ieri anche il ministro Orlando ha definito l’agrobiodiversità italiana come “la grande infrastruttura economica del nostro paese».

Il decreto, però, si limita a tamponare provvisoriamente la falla giuridica dovuta alle sentenze dalla Corte di giustizia europea, ma non risolve il problema. Più che di un divieto, infatti, si tratta di una sospensione che può durare al massimo 18 mesi durante i quali ogni singola regione sarà chiamata a redigere delle leggi che regolamentino la coesistenza tra coltivazione tradizionali e transgeniche. Si tratta di una procedura molto complessa e frastagliata che dovrà garantire da contaminazioni senza però poter vietare di seminare il Mon 810, l’unico mais gm per ora autorizzato in Europa.

La commissione europea, da sempre molto sensibile agli interessi dei giganti dell’agroalimentare, non consenti divieti e continua ad appellarsi ai diritti della libera concorrenza per permettere l’ingresso nel continente dei semi geneticamente marchiati dalle multinazionali contro la libera scelta dei popoli e dei paesi.

Ieri le associazioni ambientaliste (Greenpeace, Vas, Fondazione dei diritti genetici), Slow Food, gli agricoltori di Coldiretti, Cia e del biologico (Aiab) hanno tirato un sospiro di sollievo, ma adesso tutti chiedono che il governo esca definitivamente da una fase di pericoloso immobilismo.
La vera soluzione sarebbe l’adozione da parte dell’Italia di una clausola di salvaguardia, ammessa dal diritto comunitario e già adottata in altri paesi, che di fatto impedirebbe di coltivare ogm in tutto il paese e solleverebbe le regione dal dover metter in campo leggi ad hoc per ogni territorio.

E’ su questo punto che si giocherà davvero la credibilità del governo Letta. Intanto bisogna subito bonificare i campi contaminati. «Il tergiversare di questo governo ha permesso la semina ogm in Friuli – ha ricordato Federica Ferrario di Greenpeace – Ora è necessario procedere alla decontaminazione dei due campi friulani».