È Gianfranco Pagliarulo, 71 anni, ex del Pci e della Fiom, senatore nei primi anni Duemila, il nuovo presidente dell’Associazione nazionale partigiani. Lo ha eletto ieri il Comitato nazionale nel corso di una riunione in cui si è a lungo parlato delle manifestazioni di rabbia e rivendicazione che stanno attraversando il paese.
Pagliarulo, qual è il giudizio dell’Anpi su queste piazze?
Siamo davanti a una situazione drammatica sul piano sanitario, sociale ed economico ed è più che legittima la protesta dei più penalizzati. In alcune piazze c’è con evidenza il veleno delle violenze neofasciste, ma sarebbe sbagliato cogliere solo questo aspetto. C’è soprattutto il tema del diritto alla salute, quello degli articoli 32 e 16 della Costituzione. E c’è l’angoscia di chi, in maggioranza lavoratori autonomi, piccoli imprenditori e loro dipendenti, rischia di perdere tutto. Lo Stato non può non rispondere alle loro richieste che sono richieste di sopravvivenza. Vedremo se quanto è stato promesso a ristoro arriverà e se sarà sufficiente.
Diceva, c’è anche molta destra a protestare contro i lockdown.
Sì, una destra estrema di tipo fascista ed è paradossale che a sbraitare contro la dittatura sanitaria siano gli epigoni di dittature ben più concrete. Ma la loro presenza in questo contesto non è una novità. Li avevamo visti all’opera per esempio nelle periferie romane quando hanno cercato di bloccare l’assegnazione delle case popolari alle famiglie dei migranti e dei rom. Dove c’è disagio, dove c’è la guerra tra poveri, queste forze neofasciste si fanno vedere. Noi lo denunciamo da tempo, abbiano per esempio raccolto con altre associazioni 300mila firme per la messa fuori legge dei gruppi neofascisti e le abbiamo consegnate al capo dello Stato.
Ne chiedete lo scioglimento?
Sì, sapendo benissimo che per lo scioglimento occorre una sentenza definitiva della magistratura. Intanto chiediamo che non restino impuniti i loro atti di violenza, che oltretutto finiscono per isolare ulteriormente gli strati sociali in questo momento più in difficoltà. Voglio aggiungere che l’altra sera a Roma i disordini sono stati creati da un centinaio di teppisti di estrema destra, non era una manifestazione di popolo e sarebbe stato bene scioglierla immediatamente.
Lei diventa presidente dopo la scomparsa prematura di Carla Nespolo, come vuole ricordarla?
La grandissima forza di Carla stava nella sua sensibilità, nel modo di fare e nella capacità di ragionamento profondamente femminili. Ha generato un affetto enorme, all’interno e all’esterno dell’Anpi.

Quali saranno le sue priorità da presidente?
Mi muoverò in continuità con i due presidenti eletti dopo l’ultimo congresso, Carlo Smuraglia e Carla Nespolo appunto. Ma anche con l’innovazione che non è arbitrio, ma adeguamento alle cose che cambiano. Vedo tre linee direttrici. La ricerca dell’unità di tutte le forze antifasciste e che si oppongono all’ispirazione regressiva di questa destra illiberale italiana. Unità certo nei confronti delle forze sociali con le quali collaboriamo da anni, i sindacati confederali, l’Arci, le Acli, Libera e le tante associazioni sul territorio. Ma cercheremo l’unità anche tra le persone, la costruzione di un comune fronte democratico popolare. La seconda linea è quella dei giovani, che già l’Anpi segue da quindici anni ma sulla quale intendo accelerare. Le giovani generazioni sono il futuro anche dell’associazione partigiani. Infine penso che l’Anpi debba svolgere una grande funzione pedagogica collettiva, la pedagogia dei partigiani. Dobbiamo avere una speciale attenzione alla formazione e all’autoformazione di un punto di vista critico, cercare per questo una relazione forte con la cultura e gli intellettuali.
Non ha parlato della custodia delle memoria partigiana.
È la nostra missione, ma la memoria non deve essere solo ricordo. Se non è declinata con l’attualità rischia di diventare una memoria inutile.