In tutta l’Ucraina, gli attacchi ai templi della Chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca, da cui quello autocefalo di Kiev sotto l’egida del presidente Petr Poroshenko si è recentemente scisso, sono diventati una triste realtà.

Dall’inizio del mese si sono verificati diversi casi di incendi dolosi a Krivoy Rog, a Zaporizhia e nella regione di Nikolaev in molte chiese. E a Volyn, un gruppo di estrema destra con l’aiuto della polizia ha occupato diverse chiese sotto la giurisdizione della Chiesa ortodossa di Mosca.

A Zeleny Yar, nella notte del 8 febbraio, degli sconosciuti hanno lanciato bottiglie molotov nella chiesa del Santo Martire Ilya. «Sconosciuti» solo per la polizia locale visto che le chiese dei «filo-russi» sono profanate con scritte richiamanti il nazismo e con svastiche.

Ma incredibilmente, secondo la polizia di Kiev si tratta di provocazioni organizzate dai servizi segreti russi, utilizzando «terroristi provenienti dal Donbass». ll capo dei servizi ucraini Vasily Gritsak ha dichiarato alla stampa: «”I nostri amici russi” ricorrono a commettere a violenze contro edifici religiosi della Chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca per metterci in cattiva luce».

Di tutt’altro avviso la Chiesa ortodossa fedele al patriarcato di Mosca: «Invitiamo tutti i giornalisti interessati, i difensori dei diritti umani, i funzionari dell’Onu, l’Ue a venire in Ucraina e vedere con i propri occhi ciò che sta accadendo» ha detto il vescovo Victor Baryshevsky.

Baryshevsky ha ricordato l’assalto ai monasteri, le violenze contro credenti e l’imposizione ai sacerdoti a tenere messe nelle Chiese autocefale ucraine. «Milioni di credenti chiedono alle istituzioni europee di alzare la voce per difendere il diritto di parola e di religione», ha concluso il vescovo.