Il molestatore di Greta Beccaglia ha perso un’occasione per rendere appena un po’ meno deprimente, odioso, il comportamento di noi uomini. E con lui anche Giorgio Micheletti («non te la prendere…»).

Il primo, anche se distrutto dalla sconfitta della squadra del cuore, quando la giornalista appena rudemente sculacciata gli ha urlato «non lo puoi fare!…» avrebbe dovuto trasalire, capire di avere fatto un inammissibile gesto violento, tornare indietro e scusarsi subito di fronte a lei e ai telespettatori. Invece le scuse sono venute solo dopo che le onnipresenti telecamere lo hanno incastrato.

Troppo facile. Giustamente Greta Beccaglia ha reagito denunciandolo per la violenza subita.

Il secondo, Micheletti, doveva capire che la notizia, rispetto all’esito della solita partita, era diventata improvvisamente un’altra. La collega era stata molestata, e più di una volta: il discorso andava riorientato, lo spettacolo non doveva andare avanti come se niente fosse.

Non voglio ergermi a giudice. Faccio queste osservazioni perché conosco bene inerzie, blocchi, ottusità – derivanti da una cultura profondamente introiettata – che hanno impedito anche a me tante volte di «fare la cosa giusta» nella relazione con una donna, causando ferite e risentimenti, conflitti che avrebbero potuto, dovuto essere evitati.

Mariangela Mianiti ha scritto ieri su queste pagine qualcosa di essenziale: «Serve che i maschi compiano una rivoluzione emotiva, sentimentale e culturale verso se stessi e nei confronti dei propri simili che scambiano il corpo di una donna, e quindi la donna, come un oggetto a loro disposizione».

Per questa «rivoluzione maschile» dovremmo saper provare un nuovo desiderio.

Non bastano certo i pur doverosi e in questo caso molto numerosi attestati di solidarietà. Quelli venuti dal mondo politico mi hanno anche un po’ irritato. Su questo piano alle parole non sembrano seguire mai fatti simbolicamente rilevanti.

Ieri sulla Stampa c’erano tre commenti in fila: Annalisa Cuzzocrea indicava 12 nomi di donne candidabili alla presidenza della Repubblica. Michela Marzano criticava i singolari consigli linguistici della Commissione Europea (non dire «buon Natale», oppure «signore e signori»…). Simonetta Sciandivasci a proposito delle molestie a Greta Beccaglia spiegava perché «scusarsi non basta».

Che cosa di diverso e di più incisivo fare? Ecco una, forse stravagante, modesta proposta.

Gli uomini politici, se pensano davvero che il maschilismo non sia più sopportabile, non potrebbero dimostrarlo facendo un passo indietro e pronunciandosi in via definitiva per una donna al Quirinale? Non sarebbe un buon segnale? Non potrebbe dirlo lo stesso autorevole Mattarella? O Draghi, al quale sono bastate due o tre parole per salvare una moneta? «Faremo tutto quello che è necessario per eleggere finalmente una signora!». E i «leader» in Parlamento tutti d’accordo, che affermano come moltissime donne in Italia hanno tutte, ma proprio tutte le carte in regole per svolgere quella funzione.

Infine, il linguaggio. Michela Marzano nel commento citato un po’ difende le intenzioni della Commissione Europea, ma poi denuncia il rischio che per rendere il linguaggio più «inclusivo» si adottino criteri che, paradossalmente, espungono tutte le differenze.

Per non offendere nessuno si cancellano tutte, tutti, tutt* e quant’altro. Un linguaggio inclusivo dovrebbe al contrario nominare e riconoscere tutte le differenze. A cominciare da quella femminile.

A meno che non vinca una inconscia (?) pulsione maschile a cancellare nuovamente quel perturbante «altro» che ci ha messo al mondo. E che pretende perfino di non essere palpeggiato in pubblico.

Posta & risposta del 3 dicembre 2021

Sulle molestie, trovo ingenua la proposta di una Presidente donna fatta da Alberto Leiss Buongiorno, l’articolo sul manifesto di Alberto Leiss, dal titolo: «Molestie in tv, la politica faccia qualcosa di concreto», non mi convince affatto proprio nel suo nucleo centrale, cioè la proposta da lui avanzata di accordo tra le forze politiche per l’elezione di un Presidente della Repubblica donna.

Penso che sia ingenuo ritenere che una figura femminile nella più alta carica repubblicana possa costituire un fattore di mutamento culturale o una sorta di deterrente per le azioni aberranti compiute da maschi, purtroppo tanto diffuse. Le donne in posizione di potere vengono rispettate dagli uomini solo perché si sono fatte strada nel mondo competitivo maschile, perché, scusate la volgarità, «hanno le palle»; ciononostante, anche la donna al vertice del potere politico nel decennio appena trascorso, Angela Merkel, ha dovuto subire attenzioni indesiderate da parte di uomini altrettanto potenti (Sarkozy ).

Sradicare certi convincimenti profondamente inseriti nell’agire quotidiano della stragrande maggioranza degli abitanti della terra, anche donne ( il 60% di donne italiane intervistate qualche tempo fa ha risposto che uno schiaffo dal partner è poco grave! ), è impresa titanica : per ogni giornalista televisiva, è pronto un cretino che si permette nei suoi confronti un gesto che non si sognerebbe mai di fare in qualsiasi altro contesto. Non ho ricette, spero solo che madri e padri volonterosi riescano a far passare i giusti messaggi ai propri figli e figlie.
Flavia Angelini

Risposta
Gentile Flavia, grazie dell’attenzione al mio articolo. Ho premesso che la mia proposta era forse stravagante. Io non penso che una donna – sperabilmente «senza palle» – sicuramente farebbe meglio degli uomini che da oltre settant’anni si susseguono in quella carica.

Penso che sarebbe un (piccolo) segno di cambiamento maschile se gli uomini – i leader politici maschi – facessero un passo indietro e dicessero: sarebbe l’ora di eleggere una donna. Ma non succederà. Magari sarà eletta una donna a causa dell’incapacità degli uomini di mettersi d’accordo?…

Concordo poi sull’importanza della formazione e della cultura, e non solo in famiglia.
Alberto Leiss