Bastavano la sua folle acconciatura con i capelli neri tutti tirati in su, il suo neo sul viso tondo e bianchissimo, il folle camper lungo 22 metri, largo otto, con pavimento di granito brasiliano, il suo passato di regina degli elefanti e di regina cattiva del peplum, fra Ursus, Sansone e Maciste, l’adorazione di Federico Fellini e del primo universo gay a fare di Moira Orfei una divinità non solo del circo e dello spettacolo, ma di tutto il panorama italiano del 900. Altro che Madonna o Kim Kardashan. Moira che recita negli schermi fiammeggianti del nostro cinema avventuroso dei primi anni ’60 tra i bicipiti e i ciuffoni di Steve Reeves, Gordon Scott, Kirk Morris, Ed Fury era molto, molto di più.

Fellini lo sapeva, anche se non è riuscito mai a portarla davvero in suo film, a parte ne I clowns, dove però è se stessa. Il problema è che Moira era sempre e solo Moira Orfei, o Moira degli elefanti. Regina del circo e di un immaginario luccicante che da decenni non esiste più. Moira si è spenta nella sua casa mobile che nessuna Joan Collins avrebbe mai potuto avere a 84 anni in quel di Brescia. Ma solo perché il suo circo stava lì. Era nata come Miranda Orfei a Codroipo, dalle parti di Udine, nel 1931, ma sia lei che suo cugino Nando parlavano e mangiavano rigorosamente emiliano. Anche questo rendeva più felliniano il mondo del circo degli Orfei. Al cinema non aveva fatto solo peplum e non era solo stata una regina cattiva. Aveva recitato anche con Marcello Mastroianni in Casanova 70 di Mario Monicelli, con Totò in ben tre film, soprattutto in Totò e Cleopatra, con Vittorio Gassman, con Vittorio De Sica e con suo figlio Christian nel folle Vacanze di Natale 90 dove è una mistress che adora frustare proprio Christian, con Franco e Ciccio in Come inguaiammo l’esercito, con Walter Chiari, con Lando Buzzanca in Dracula in Brianza di Lucio Fulci dove ha il ruolo di Belva Scatenata, una dea del sesso che riceverà un morso sul sedere dal vampiro.

Figlia d’arte, ovviamente, il padre Riccardo Orfei era il clown Bigolon, e la mamma, Violetta Arata, circense, aveva cominciato come trapezista da piccolissima, ma sapeva fare un po’ di tutto. La sua famiglia e la sua vita era tutta nel circo. Del resto a diciotto anni si era sposata a Sanremo con Walter Nones, domatore, e con lui è rimasta per tutta la vita. Nello stesso anno, il 1960, aveva fondato Il circo di Moira Orfei e da allora non ha mai cessato di girare l’Italia e il mondo coi suoi spettacoli. Non furono solo rose e fiori. Dalle cronache del tempo riportiamo che nel 1972 fu ferita da un elefante che le ruppe quattro costole.

Poi che il suo circo rimase fermo ben cinque mesi nel 1978 in Iran, a Teheran, per una «controversia fiscale». Al circo le autorità iraniane tagliarono al circo Orfei l’acqua, la luce, ritirarono il passaporto ai dipendenti. Moira rispose con uno sciopero della fame, poi cercò di uccidersi (insomma), poi minacciò di liberare i suoi venti leoni, le sue otto tigri e i suoi dieci elefanti per la città. Alla fine ritornarono tutti a casa. Negli anni ebbe una lunga controversia coi verdi sull’uso stesso degli animali nel circo. Ma nel 1992 arrivò il suo camper di 22 metri. Il cinema fu quasi una cosa a parte nella sua vita, ma se ne servì per pubblicizzare il suo circo. Esordì a 17 anni nel 1959 nel film di Duilio Coletti Sotto dieci bandiere, dove è una naufraga della nave Atlantis. Ricordava che fu il regista a sceglierla vedendola camminare per la strada, ma fu Dino De Laurentiis, il produttore del film, a imporle il nome d’arte di Moira e la sua tipica acconciatura.

Anche se pure un regista di peplum famoso, Antonio Leonviola, lavorò molto sul suo look. Nel cinema mitologico degli Ercole e dei Sansone, infatti, Moira diventò una star come regina cattiva proprio grazie al suo fisico imponente e al suo trucco pesante. La vediamo con Steve Reeves in Le fatiche di Ercoledi Pietro Francisci, in Ursus di Carlo Campogalliani, come Nemea, in Gli amori di Ercole di C. L. Bragaglia, come Ula in L’eroe di Babilonia, come Poppea in L’incendio di Roma, come Dalila in Ercole, Sansone, Maciste e Ursus gli invincibili.

I suoi ruoli preferiti sono però fuori dal peplum. Considerava infatti come suo miglior film Signore e signori di Pietro Germi. Ma è molto divertente anche in Straziami ma di baci saziami di Dino Risi, dove fu la vedova Adelaide e in Profumo di donna, sempre di Risi, dove interpreta una prostituta. Raccontava, anzi, che in questo film litigò col regista perché non intendeva spogliarsi. E Risi non riuscì a convincerla.