Mohammed al Qiq è stato il primo detenuto palestinese in sciopero della fame ad essere sottoposto contro la sua volontà a un trattamento medico. Lo ha denunciato ieri la Ong israeliana “Medici per i Diritti Umani”. Al Qiq, un giornalista di Dura (Hebron) che digiuna da 55 giorni in segno di protesta contro la sua detenzione “amministrativa”, senza processo, non è stato costretto a mangiare ma gli sono state trasfuse vitamine contro la sua volontà. È la prima volta, da quando la scorsa estate la Knesset ha dato il via libera all’alimentazione forzata dei prigionieri politici, che medici israeliani, violando l’etica professionale e i diritti dei pazienti, usano la forza contro un detenuto palestinese in sciopero della fame. Lo scopo è quello di scoraggiare una forma di protesta che negli ultimi anni si è rivelata molto efficace per denunciare a livello internazionale la “detenzione amministrativa”, sentenziata da giudici militari israeliani sulla base di una semplice richiesta dei servizi di sicurezza e non di prove certe. Sui 7mila palestinesi al momento nelle prigioni israeliane, 660 sono stati incarcerati senza processo per un periodo minimo di sei mesi. Erano 340 a settembre, prima dell’inizio dell’Intifada di Gerusalemme.

 

«Mohamed al Qiq è stato tenuto fermo dalle guardie mentre lo staff medico praticava l’iniezione. Per quattro giorni è rimasto legato al letto, attaccato alla flebo mentre chiedeva invano che venisse rimossa», ha riferito Lital Grossman, portavoce di Medici per i Diritti Umani, raccontando quanto è accaduto nei giorni scorsi nell’ospedale HaEmek di Afula, dove al Qiq è stato ricoverato per l’aggravarsi delle sue condizioni dopo quasi due mesi di sciopero della fame. L’Ong israeliana precisa che non si tratta di alimentazione forzata, che non è stata usata una sonda gastrica, ma il comportamento dei medici viola ugualmente il diritto internazionale e varie Dichiarazioni sottoscritte anche da Israele, che vietano di fare pressioni per interrompere uno sciopero della fame. Croce Rossa, Onu e Associazione Medica Mondiale considerano l’alimentazione forzata un trattamento crudele e disumano, vicino alla tortura.

 

Corrispondente della televisione saudita al Majd, al Qiq era stato arrestato lo scorso 24 novembre sulla base di indizi vaghi. Ha cominciato subito a digiunare in segno di protesta. I servizi di sicurezza israeliani lo descrivono come un elemento pericoloso, vicino al movimento islamico Hamas, ma non hanno prodotto alcuna prova concreta di reati che avrebbe commesso il giornalista palestinese. L’inconsistenza delle accuse è confermata dal fatto che i giudici militari hanno deciso non di rinviarlo a giudizio ma di condannarlo alla detenzione amministrativa per un periodo, rinnovabile, di sei mesi. A nulla sono valsi gli appelli lanciati da più parti in sostegno di al Qiq e la corte militare di Ofer qualche giorno fa ha rigettato l’istanza di scarcerazione immediata presentata dal suo avvocato. Martedì i giudici della Corte Suprema di Israele hanno rinviato l’udienza sul caso al 25 febbraio, nonostante il giornalista sia in condizioni molto gravi. È stato alcuni giorni in coma, ha dolori muscolari continui, spesso è in stato confusionale e non riesce più a camminare. Eppure viene tenuto costantemente ammanettato al letto.

 

Negli anni passati diversi detenuti palestinesi hanno preceduto al Qiq in questa forma di lotta contro la detenzione amministrativa. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’avvocato Mohammed Allan, rilasciato l’anno scorso. Da segnalare l’appello lanciato a metà mese da Amnesty International a sostegno della liberazione immediata di un altro prigioniero “amministrativo”, Mohammad Abu Sakha, 23 anni, di Jenin, componente dal 2007 della Scuola del Circo di Ramallah. Arrestato a metà dicembre senza alcuna accusa formale o spiegazione, Abu Sakha, che si trova nel carcere di Meggido, non ha ancora potuto incontrare la famiglia. Un portavoce militare si è limitato a dichiarare che il giovane palestinese «è pericoloso per la sicurezza della regione».

 

Intanto proseguono le confische di terre in Cisgiordania. Sulla base di una legge Ottomana di metà dell’Ottocento, il ministro della difesa Moshe Yaalon ha deciso che 154 ettari a sud di Gerico siano dichiarati “terra demaniale”. Si tratta della confisca più ampia dall’agosto del 2014. Le terre palestinesi ora parte del “demanio” con ogni probabilità saranno destinate all’espansione delle colonie israeliane in quella zona.