Federica Mogherini ieri, in viaggio tra Gaza e Cisgiordania, ha lanciato ammonimenti, ribadito posizioni, rivolto appelli. Più di tutto la nuova lady Pesc, responsabile della diplomazia europea, ha fatto promesse importanti. E dovrà ricordarle perchè chi vive sotto occupazione da decenni non si accontenta più delle parole. «Penso che Gerusalemme possa e debba essere capitale di due Stati» ha affermato Mogherini, ribadendo la condanna dell’Unione europea dell’espansione delle colonie israeliane. «Le colonie – ha spiegato – sono illegali ed un ostacolo alla soluzione dei ‘Due Stati’. L’Europa ribadisce questa posizione che ha sempre avuto». Ha quindi detto che l’Ue insiste per la nascita di uno Stato palestinese indipendente e auspicato che Gerusalemme diventi un esempio di coesistenza. «Se questo viene meno – ha detto – non è un problema solamente per Israele o per i palestinesi ma un problema di tutti visto che Gerusalemme è una città importante per molti».

 

Proprio perchè Gerusalemme è una città di eccezionale importanza per tutti, l’Europa dovrebbe fare di più per garantire il rispetto della legalità. Nel corso degli anni l’Ue ha ricordato a Israele che l’intera città, e non solo la parte Est palestinese, è occupata, come sancisce il diritto internazionale. E ha sottolineato che i governi dei paesi membri continuano a rispettare la risoluzione 181 dell’Onu che, decretando la spartizione della Palestina più di 60 anni fa, prevede per Gerusalemme uno status di città sotto amministrazione internazionale. In questi ultimi decenni però l’Europa ha balbettato, ribadito meccanicamente le sue posizioni senza mai mettere realmente in discussione i passi unilaterali fatti da Israele, dall’annessione senza riconoscimento di tutta Gerusalemme fino alla costruzione ed espansione delle colonie nei Territori palestinesi occupati. Lady Pesc dovrà tenere presente tutto questo se davvero intende giocare un ruolo di primo piano nella questione israelo-palestinese e non rassegnarsi alle imposizioni che detteranno i paesi europei più influenti, a cominciare dalla Germania.

 

Lo reclama peraltro l’aggravarsi della situazione, ora anche in Galilea dove le forze di sicurezza sono alla ricerca degli attivisti arabo israeliani (palestinesi con la cittadinanza israeliana) che nei giorni scorsi hanno partecipato o sostenuto con manifestazioni e raduni le proteste dei palestinesi a Gerusalemme Est. A Kufr Kana, una delle roccaforti del movimento islamico in Israele, gli agenti nella notte tra venerdì e sabato hanno ucciso un 22enne, Khair al-Din Rouf Hamdan, che ha reagito all’arresto di un parente dando colpi con un oggetto a un furgone della polizia. Le autorità dicono che il giovane non solo ha colpito l’automezzo ma avrebbe anche cercato di accoltellare un poliziotto, costringendo gli agenti a fare fuoco. Ma il video girato da una telecamera di sorveglianza mostra che le cose sono andate in modo molto diverso. Hamdan colpisce il furgone poi si allontana. I poliziotti a quel punto scendono e aprono il fuoco da distanza ravvicinata mentre il giovane si stava allontando, senza più mostrare un intento aggressivo. Gli agenti peraltro sparano più colpi, certo non alle gambe come avrebbero potuto fare, e non intimano la resa ad Hamdan, deceduto pochi minuti dopo in ospedale.

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Inevitabile la reazione della popolazione di Kufr Kana. A migliaia gli abitanti sono scesi in strada per protestare e per affrontare la polizia, innalzando barricate e dando fuoco a vecchi copertoni. La polizia per ore non è riuscita a disperdere i dimostranti, nonostante l’uso abbondante di gas lacrimogeno e di granate assordanti. Scene da Intifada che hanno unito, come non accadeva dal 2000, la Galilea a Gerusalemme Est, alla Cisgiordania e a Gaza.