Prima l’annuncio di un’operazione euro-africana per liberare i migranti tenuti prigionieri nei centri di detenzione in Libia. Poi la promessa di un cospicuo investimento per le piccole e medie imprese africane. L’impressione è che in questi giorni in Costa d’Avorio si stiano svolgendo due vertici paralleli. Quello annunciato tra Unione europea ed Unione africana e un altro, imprevisto, tra gli stessi leader africani ed Emmanuel Macron, deciso a giocare un ruolo da protagonista assoluto.

Il presidente francese ieri ha fatto precedere il suo arrivo ad Abidjan, dove si svolge il summit, da un messaggio che deve essere stato particolarmente gradito ai leader africani come l’intenzione di creare un fondo da un miliardo di dollari a favore delle piccole e medie imprese del continente. Fondi messi a disposizione dalla Banca francese di investimenti e dall’Agenzia francese di cooperazione. «L’obiettivo – ha spiegato Macron prima di lasciare il Burkina Faso diretto in Costa d’Avorio – è moltiplicare questi fondi per dieci, facendo appello ai nostri alleati europei e ad altri finanziatori privati, europei e non».

Non è detto che il protagonismo dell’Eliseo sia visto con piacere dai leader europei. Anzi. Insieme ad agricoltura, sviluppo digitale, città sostenibili ed energia, le Pmi africane sono una delle cinque aree sulle quali l’Ue ha deciso di puntare offrendo sviluppo per le economie africane in cambio di sicurezza per gli europei. Dove per sicurezza si intende massima collaborazione nel blindare le frontiere interne, ma anche nel riprendersi quanti hanno attraversato il Mediterraneo riuscendo ad approdare in Europa. Disperati che nella dichiarazione finale del vertice sono indicati come protagonisti di una «irregular migration».

Gli annunci di Macron rischiano adesso di relegare in secondo piano il lavoro svolto nei mesi passati dalla Ue, accreditando il presidente francese come principale leader europeo in un momento di difficoltà per la cancelliera Merkel e con la Gran Bretagna sul binario di uscita dall’Unione.

Un esempio è proprio la proposta di evacuare i migranti dalla Libia, un obiettivo al quale sta già lavorando l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, come ha confermato ieri al consiglio di sicurezza dell’Onu il direttore dell’Oim William Lacy Swing. Il piano prevede quattro voli a settimana per i rimpatri volontari di 20 mila migranti, un’operazione che richiederà diversi mesi di tempo senza però essere risolutiva. Come ammesso dallo stesso funzionario dell’Oim si procederà infatti all’evacuazione dei 30 centri governativi, senza toccare quelli – e sono la maggioranza – gestiti dalle milizie. Ai partner africani, ieri l’alto rappresentante della politica estera della Ue Federica Mogherini ha chiesto comunque di «fare la loro parte» nel riprendere indietro i propri cittadini. Ua prima risposta è arrivata dal presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari, che ha annunciato il ritorno in patria e «la riabilitazione» di tutti i nigeriani bloccati in Libia e «in altre parti del mondo». Buhari si è detto anche scioccato dalla immagini della Cnn con «alcuni nigeriani venduti all’asta come capre per pochi dollari in Libia».

Peccato che il rigore che l’Ue chiede agli Stati africani per quanto riguarda i rimpatri, non lo adotti anche verso gli Stati membri per garantire ingressi legali in Europa, l’unico modo per togliere davvero i migranti dalle mani dei trafficanti. «L’argomento non è popolare tra i partiti europei – ha ammesso la Mogherini -ma se domani mattina tutti i migranti dovessero sparire dall’Europa, interi settori della nostra economia collasserebbero da un giorno all’altro».