Il «segnale forte» della volontà di dialogo è stato recepito da Cuba. Per questo l’Alto rappresentante della politica estera dell’Ue, Federica Mogherini, martedì sera si è dichiarata «molto soddisfatta» della sua missione all’Avana: nella giornata aveva incontrato il cardinale Jaime Ortega, rappresentante di una Chiesa impegnata nel processo di «trasformazione» dell’isola, il presidente del’Assemblea nazionale, Esteban Lazo, due ministri economici, Rodrigo Malmierca – commercio estero- e Marino Murillo – incaricato di supervisionare le riforme economiche lanciate quattro anni fa- il capo della diplomazia Bruno Rodríguez, il presidente Raúl Castro e, infine, rappresentanti del mondo culturale e della società civile.

L’Ue è il secondo partner commerciale di Cuba (dopo il Venezuela) con un interscambio di 3,6 miliardi di dollari nel 2013 e il maggiore investitore, ma l’isola è l’unico paese dell’America latina con cui l’Unione non ha un trattato bilaterale. L’ostacolo principale è costitutito dalla questione dei diritti umani e civili, usati nel 1996 come una clava politica – su incitamento Usa e per iniziativa del governo spagnolo dell’ultra destro Aznar- per destabilizzare «il regime dittatoriale di Fidel Castro».

L’ostacolo è rimasto anche dopo che Fidel nel 2006 ha lasciato le redini politiche e la presidenza di Cuba al fratello minore Raúl e, per iniziativa di paesi ex socialisti come Polonia, Repubblica ceca, ha fatto sì che le trattative per firmare un Accordo di dialogo politico e di cooperazione tra Ue e Cuba si trascinino dall’aprile dell’anno scorso, nonostante i progressi fatti in campo commerciale e di cooperazione. La visita di Mogherini, primo Alto rappresentante europeo all’Avana, ha appunto lo scopo di sbloccare la situazione e fare in modo che i negoziati abbiano un’«accelerazione» tale che «l’Accordo venga firmato entro la fine dell’anno».

Per questo, oltre ai temi economici e commerciali, «Lady Pesc» ha affrontato la questione dei diritti umani, «senza tabù» e ammettendo che «anche a casa nostra abbiamo i nostri problemi». Su questo tema chiave, Mogherini ha voluto sottolineare che il metodo scelto è «il dialogo, non lo scontro» e che l’Ue non è intenzionata a «imporre modelli». Posizione questa molto apprezzata dal vertice cubano, che ha sempre difeso non solo la sovranità politica ma anche il «modello socialista» cubano, basato sul «poder popular», una sorta di «democrazia assembleare».

Nella conferenza stampa a conclusione della sua missione, l’Alto rappresentante europeo ha ribadito che «non vi è concorrenza» tra i negoziati dell’Ue con Cuba e il processo di distensione e ristabilimento di relazioni diplomatiche tra Washington e l’Avana annunciato lo scorso 17 dicembre. Mogherini ha affermato che l’embargo decretato più di cinquant’anni fa dagli Usa «è obsoleto» e dannoso perché colpisce soprattutto la popolazione cubana (e inoltre con i suoi effetti extraterritoriali ha riflessi negativi anche in Europa). Ma si tratta – ha detto – di «due processi negoziali differenti», non concorrenziali, che anzi possono in alcuni temi essere complementari. Però appare evidente che la linea più pragmatica presentata da «Lady Pesc» – con il consenso dei membri dell’Ue anche in passato più recalcitranti – ha molto a che fare con la «concorrenza » economico- commerciale che gli Stati uniti potranno esercitare. E non solo a Cuba, perché il processo di distensione con gli Usa «può cambiare la dinamica nell’isola, ma anche nella regione» latinoamericana.

Per questa ragione, l’Europa può e deve giocare «un ruolo attivo in questa fase» , «accompagnando le trasformazioni – le riforme- in corso» nell’isola. In sostanza, quello proposto dall’Unione è un accordo impostato sul dialogo e la collaborazione, ben differente dalla politica perseguita dagli Usa, i quali –per bocca della vicesegretaria di Stato, Roberta Jacobson- hanno ribadito che la distensione in corso è una «nuova linea» (dopo il fallimento dell’embargo) per perseguire il vecchio obiettivo: un cambiamento di regime e di modello politico e economico a Cuba.

Mogherini – che ha informato della firma di un programma che prevede 50 milioni di euro in 5 anni per progetti agricoli a Cuba – è stata attenta nel mettere in chiaro che il dialogo politico e la cooperazione offerte dall’Ue debbano «portare benefici al popolo cubano», dunque ad aiutare lo sviluppo di una società civile che si sta rafforzando nell’isola proprio in seguito alle riforme che permettono attività private (por cuentapropria). Attualmente vi sono nell’isola circa mezzo milione di «piccoli imprenditori» che operano soprattutto nel campo dell’alimentazione e ristorazione, trasporto e turismo.

Ma nei progetti di riforme del governo è previsto che entro un anno, soprattutto grazie allo sviluppo di cooperative non agricole, il settore «non statale» assorba circa un milione di lavoratori che il governo dovrebbe –secondo il piano di modernizzazione- «tagliare» dall’inflazionato e deficitario settore statale. In questo campo, rafforzamento della società civile, formazione di nuovi imprenditori sono impegnati la Chiesa e il movimento laico cattolico che ad essa è collegato con lo scopo di favorire la formazione di «una classe media cubana» che in futuro ottenga «diritti politici e democratici».