In pieno agosto ha parlato al telefono con Barack Obama e mezza dozzina di leader mondiali. Poi è volato in Iraq anticipando anche il papa e spingendosi fino quasi al fronte della guerra tra kurdi (che ha voluto armare) e islamisti. Ieri sera ha chiamato persino il segretario generale dell’Onu Ban ki-Moon. Matteo Renzi ha fatto tutto quello che poteva per esaltare il ruolo diplomatico dell’Italia, approfittando del semestre di presidenza europea. Tutto per spingere Federica Mogherini – oggi ministra degli esteri nel suo governo – verso l’assai prestigioso incarico di Alta rappresentante per gli affari esteri della Commissione europea, e insieme vicepresidente di Claude Juncker. Il lussemburghese che siederà sulla poltrona che è stata di Prodi e di Barroso non è mai stato un entusiasta sostenitore della ministra italiana, che considera poco esperta. Ma a questo punto sembra sia pronto a fare buon viso a cattivo gioco. Ieri anche il settimanale tedesco Spiegel ha concesso a Mogherini le migliori chance. Ricordando però che anche a luglio il governo italiano dava per concluso l’accordo, ricevendo poi l’umiliazione di un rinvio. Al vertice decisivo mancano ancora quattro giorni.

In queste ore, mentre porta avanti il suo complicato lavoro di incastri, Juncker si accorge di essere a corto di candidature femminili. Mette le mani avanti, avverte che non potrà restare sui livelli della precedente commissione, ma si dice intenzionato a compensare questa riduzione assegnando alle donne «portafogli importanti e uno o due posti di miei vice». Sembra una buona notizia per Mogherini: la poltrona di Alta commissaria è quella più prestigiosa, anche se non esattamente la più importante – chi si ricorda della inglese Margaret Ashton? – dal momento che l’Europa unita resta essenzialmente un poderoso organismo concentrato sugli affari economici interni. Ma bisogna considerare che la più accreditata alternativa a Mogherini è rappresentata dalla commissaria uscente Kristalina Georgieva, bulgara, sun’altra donna. È sostenuta dai paesi dell’est che vedrebbero bene una rappresentate europea di esperienza e con i piedi piantati sul fronte russo. Proprio una supposta vicinanza della candidata italiana alla Russia era stata l’argomento più forte che ne aveva bloccato la nomina a luglio. E giusto ieri ha pensato bene di farsi sentire il ministro degli esteri di Putin, il solido Sergey Lavrov, che ha spiegato di «aver visto Mogherini una sola volta, a Mosca». «Non direi – ha aggiunto – che tra noi ci siano rapporti stretti, mi sembra che abbia rapporti molto più stretti con John Kerry. Lui (il segretario di stato americano, ndr) non corre per nessun posto da voi in Unione europea?». Dunque una presa di distanza, che però potrebbe funzionare da assist per le chance dell’italiana. Resta da scoprire se sarà valutata più come presa di distanza o come assist dalle esperte burocrazie europee.

La giostra delle nomine dominerà il Consiglio Ue di sabato prossimo a Bruxelles, lasciando sullo sfondo la partita più importante, quella delle misure economiche. Renzi e Padoan – che ieri si sono rivisti per riaprire i dossier – sono impegnati a negoziare spiragli di flessibilità, senza i quali i conti italiani, anche a causa della peggior recessione nell’area euro, sono destinati a una condanna, e dunque a una nuova procedura di infrazione. Secondo la versione ottimista che circola a palazzo Chigi, la frenata del Pil tedesco e le difficoltà politiche francesi potrebbero favorire il nostro paese, visto il grande impegno di Renzi nel respingere l’immagine dell’Italia malato d’Europa. Resta il fatto che con il rimpasto a Parigi il premier italiano ha perso un alleato tra i critici del rigore tedesco.