In una lettera da Parigi del 28 giugno del 1907, Rainer Maria Rilke racconta a Paula Modersohn-Becker di aver visitato il giorno prima la galleria di Gaston Bernheim-Jeune, ove si esponevano 79  acquarelli di Paul Cézanne. «Paesaggi, leggerissimi contorni a matita, sui quali solo qua e là come un accento, quasi come una conferma, cade un evento di colore, una serie di macchie, meravigliosamente ordinate e di una grande sicurezza di tocco: come vi si specchiasse una melodia».

Paula, pittrice, si stringe d’amicizia con la scultrice Clara Westhoff a Worpswede, nel 1898, entrambe allieve di Fritz Mackensen e partecipi della comunità di artisti che, in quel luogo della Bassa Sassonia, ormai da un decennio, elaborava lessici antiaccademici vagheggiando ideali di ritorno alla dimensione rurale e al diretto contatto con la natura.

C’è un ritratto di Clara 29enne eseguito nel 1905 da Paula. Clara, occhi neri, una blusa bianca, volge lo sguardo lontano dall’amica che la sta ritraendo e tiene in mano una rosa. Di Paula, nel 1899, Clara aveva realizzato un busto plasmato in un modellato mosso, di sapore rodiniano, il volto proteso appena in avanti, come a venirti incontro per un abbraccio.

Nel 1900 raggiungono entrambe Parigi e nella galleria di Ambroise Vollard le due giovani artiste tedesche vedono alcune tele di Cézanne. «Per la prima volta, ricorda Clara, non ne conoscevamo nemmeno il nome. Paula lo ha scoperto, e questa scoperta è stata una inattesa conferma della sua propria ricerca artistica».

Per vero dire, considerando la pittura di Paula nel ciclo dei suoi due lustri e fino al  1907, constati una influenza composita che ritiene di Cézanne meno di quanto non debba soprattutto a Gauguin e, poi, a Van Gogh.

Una intenzione di tenuta compatta nel comporre; ben ordinate nature morte di frutta e di stoviglie; ritratti frontali che intendono imporsi. Una perentorietà protoespressionista in Paula, ove non ritrovo gli accenti di melodia menzionati per Cézanne da Rilke. Ma, se Gauguin condiziona il procedimento esecutivo, è certo Cézanne che muove i pensieri di Paula.

La diresti impegnata, in questa estate del 1907, ad una valutazione degli esiti finora raggiunti e volta, con rinnovata determinazione, all’opera di Cézanne per segnare un orientamento riconoscibile a quelle sue riflessioni.

Il 10 agosto scrive a Rilke per rammentargli la mostra retrospettiva del maestro di Aix che si aprirà a Parigi in ottobre, al Salon d’Automne. Paula sarà allora al nono mese di gravidanza e non potrà esserci. Apertasi l’esposizione, il 17 ottobre prega Rilke di inviarle il catalogo.

L’indomani Clara scrive a Paula: «Tutte le lettere di Rainer Maria sono piene ora di Cézanne». E «progetto di venire presto a Worpswede e leggerti alcune lettere». Continuando i suoi pensieri sulla ricerca di Cézanne, il 21 ottobre Rilke scrive a Clara: «Mai era apparso prima quanto la pittura si muova per se stessa in mezzo ai colori, quanto li si debba lasciare completamente soli, perché essi possano spiegarsi reciprocamente. Il loro mutuo rapporto: qui sta tutta la pittura».

Alla stessa data, Rilke invia a Paula il catalogo della mostra e i Souvenirs sur Paul Cézanne et Lettres inédites di Émile Bernard, mentre Paula scrive a Clara: «La mia mente è stata molto occupata in questi giorni con il pensiero di Cézanne, che è uno dei tre o quattro potenti artisti che mi hanno colpita come un turbine, come un immenso evento».

Dieci giorni dopo, a Worpswede, il 2 novembre, Paula dà alla luce una bambina, Mathilde. In una fotografia ricordo la piccola, appena nata, tra le coltri del letto, accanto alla madre stanca negli occhi, i capelli appena ravviati. Il 21 novembre, per complicanze circolatorie conseguenti al parto, Paula muore.

Nel 1909 Rilke dà alle stampe Requiem, due liriche, scritte nel novembre del 1908, che si interrogano intorno all’arte e alla vita.

L’una Per un’amica e l’altra dedicata al giovane poeta Wolf von Kalckreuth, traduttore da Baudelaire e da Verlaine, suicida a diciannove anni.

L’amica è Paula Modersohn-Becker:

«Tu sola
torni, mi sfiori, qui t’aggiri, vuoi
urtarti a cosa che di te risuoni
e ti riveli. Oh, non togliermi quello
che lentamente imparo
».