L’etichetta francese Wewantsounds e la tedesca Habibi Funk continuano a distinguersi nel significativo trend di riscoperta del modernariato musicale arabo, e si segnalano anche altre iniziative. La Wewantsounds ripubblica in vinile l’Lp Giant + Guitar di Omar Khorshid, che, nato al Cairo, classe 1945, aveva preso il largo dal suo paese per ragioni politiche, e aveva scelto Beirut come contesto favorevole per la sua attività.

ATTORE oltre che musicista, Khorshid si mette in luce in Egitto nei sessanta e nei primi settanta come brillante chitarrista, tanto da accompagnare massime star della msuica egiziana, cantanti mitici come Oum Kalsoum, Abdel halim Hafez e Farid El Atrache. Poi, a partire dall’esilio nel ’73, comincia a registrare degli album, fra cui Giant + Guitar, decisamente innovativi nel panorama della musica mediorientale dell’epoca: pubblicato nel ’74 – dunque alle soglie della guerra civile libanese – Giant + Guitar diventa subito popolare nel mondo arabo. Quello che è nuovo è soprattutto il sound, e il gusto degli arrangiamenti, con la chitarra elettrica di Khorshid e l’impiego del sintetizzatore, una strumentazione con cui Khorshid conferisce una tonalità psichedelica, ma a volte anche una spigliatezza, una disinvoltura inedite a brani con stilemi tipici della musica araba di allora. La fama di Khorshid si consolida tanto che nel ’77 il presidente egiziano Sadat lo invita ad esibirsi alla Casa Bianca davanti a Carter in una delle cerimonie per la pace Egitto/Israele. Attivo poi soprattutto come attore per il cinema, muore nell’81, a trentasei anni, in un incidente d’auto a Giza, in Egitto.

UN INCIDENTE d’auto nel 2005 ha chiuso prematuramente anche l’esistenza del palestinese Riad Awwad. Nel dicembre dell’87, pochi giorni dopo l’inizio della prima Intifada, Awwad, giovane ingegnere di specializzato in apparecchiature musicali, riunisce la famiglia nel salotto di casa e chiede di aiutarlo a registrare una canzone sulla rivolta. Il brano, intitolato appunto Intifada, viene inciso con tastiere e batteria elettronica e con le voci di due sorelle di Riad, Nariman e Alia. Riad realizza altri brani, con titoli eloquenti: «Io sono di Gerusalemme», «La mia terra il mio popolo», «Palestinese», «Patria», «Rivolta», «Quarant’anni» – gli anni che erano passati dalla espulsione dei palestinesi dalla loro terra. Per i testi contribuisce un’altra sorella di Riad, Hanan (oggi, settantenne, nota scrittrice e attivista), e le parole per una canzone le firma Mahmoud Darwish, il poeta che è stato un simbolo della resistenza palestinese. Riad confeziona una cassetta, ne stampa tremila copie, e comincia a distribuirle a Gerusalemme e in Cisgiordania: ma la maggior parte viene subito sequestrata dall’esercito israeliano, e Riad è arrestato, interrogato, torturato, e detenuto per mesi.
Nel 2020, Mo’min Swaitat, attore e regista (e collezionista di dischi) palestinese che vive a Londra, ha trovato a Jenin, sua città natale, migliaia di cassette di musica palestinese nel deposito di una etichetta locale ormai estinta: musica beduina, per matrimoni, canzoni rivoluzionarie, disco music. Fra queste Intifada. Swaitat ha ottenuto un finanziamento per un progetto (Majazz Project) di recupero e valorizzazione di registrazioni di musica palestinese, e col titolo di The Intifada 1987, la cassetta è stata ripubblicata in digitale e vinile.

CON UNA COMPILATION di brani anni ottanta di Hamid El Shaeri, intitolata The Slam Years, la Habibi Funk riporta alla fase di ascesa del jeel, genere giovanile egiziano che nei novanta fa furore anche in altri paesi arabi. Nato nel ’61 a Bengasi, in Libia, El Shaeri espatria in Egitto per insofferenza per la politica culturale di Gheddafi: il suo hit Lolaiki, uscito nell’88, vende oltre un milione di copie. Nata all’inizio del decennio, la Slam è una delle etichette egiziane che negli ottanta puntano sul nuovo formato della cassetta, rivoluzionando il mercato della musica in Egitto.