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Modena City Ramblers, vent’anni sulla strada

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Intervista La band emiliana celebra l'anniversario con una lunga tournée, progettando un nuovo disco «dal respiro europeo e ricco di ospiti»

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 28 marzo 2014

Li hanno definiti come i parenti (un po’ lontani) degli Stormy Six e quelli (molto più vicini, hanno avuto anche l’occasione di collaborare) della Gang. Invero i Modena City Ramblers sono una realtà ben precisa della musica italiana, capace di coniugare impegno sociale e politico con il rock e una passione mai sopita per la musica irlandese. La band – ma è quasi un collettivo con molti cambiamenti di formazione, senza che questo abbia mai generato tensioni – compie vent’anni.

«In realtà sarebbero di più – spiega al telefono Francesco Moneti, che nella band è violinista e chitarrista – ma il riferimento è l’uscita del primo cd Riportando tutti a casa». Una ricorrenza che viene celebrata con un tour: «Sono set lunghissimi, acustici e elettrici, alla fine noi e il pubblico siamo quasi stremati…», mentre è in via di elaborazione il prossimo lavoro discografico: «Sarà un progetto dal respiro europeo, con molti ospiti».

Un gruppo che vive sul palcoscenico : «Stimiamo di fare 120 date l’anno, per noi è fondamentale da sempre suonare dal vivo. Anche quando i dischi si vendevano, per noi il rapporto con il pubblico è sempre stato essenziale», e che attinge nella realtà raccontando nei brani – come nel doppio da studio Niente di nuovo sul fronte occidentale (2013), la storia di Francesco Aldrovandi (La luna di Ferrara) o la riscossa della primavere arabe: «Ora dopo una fase di apertura molte di quelle lotte di liberazione sono finite soffocate nel sangue. Avevamo anche accarezzato l’idea di esibirci in quei luoghi, ma non è stato possibile. Purtroppo la storia ci insegna che uscire da una dittatura non è mai facile».

Sul Belpaese in crisi profonda pesa la questione lavoro: «Posso elencarti migliaia di casi, di amici, colleghi costretti a lasciare il paese, abbandonare un’attività commerciale. Bisogna avere il coraggio e provare a muoversi, come ha fatto un mio amico ingegnere che si è ricostruito una vita in Germania. E sottolineo, una vita». La ricerca della band emiliana ha prodotto due anni fa un progetto sulla resistenza Battaglione alleato, in cui si racconta un attacco a un comando nazista nel reggiano nel marzo del ’45 da parte di un Battaglione alleato composto da partigiani, militari inglesi e disertori tedeschi: «Un’esperienza importante nata insieme ad altre band, fatta attraverso testi storici, contatti su web e video. Un lavoro in controtendenza visto i tempi in cui è l’effimero a trionfare…»

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