Spesso i libri dedicati a personaggi saliti agli onori della cronaca si rivelano deludenti. A volte perché risultano essere una semplice esposizione, solo più ampia, delle ragioni che hanno portato il personaggio in questione alla ribalta, senza offrire alcun arricchimento nel profilo della persona o di quello che ha fatto. Altre perché si mostrano come una acritica esaltazione agiografica del loro oggetto o, ma è in pratica la stessa cosa soltanto di segno contrario, come un altrettanto acritico attacco volto semplicemente a ridimensionare se non delegittimare il protagonista.

NON È ASSOLUTAMENTE questo il caso del libro che Tiziana Barillà ha dedicato al sindaco di Riace, intitolato Mimì Capatosta. Mimmo Lucano e il modello Riace, uscito di recente per Fandango Libri (pp. 157, euro 15).
Sconosciuto ai più, Domenico Lucano, sindaco del paese famoso per il ritrovamento dei Bronzi, è inaspettatamente diventato famoso a livello internazionale quando, nel 2016, unico italiano, è stato inserito al quarantesimo posto nella lista dei 50 World Greatest Leaders della rivista americana Fortune.

TIZIANA BARILLÀ lo incontra, ci parla, lo accompagna in giro per il suo paese. Poi vede e parla con altre persone: parenti, compaesani, migranti. Da questi giri e da queste chiacchierate emerge un po’ alla volta un ritratto a tutto tondo di Mimmo Lucano, la sua storia personale, la sua visione politica, il suo rapporto con gli altri. Sembra quasi di vederlo, a volte, Lucano, mentre cammina per il paese, discute, racconta. Ed è forse questo il pregio più evidente del libro, l’utilizzo di una scrittura evocativa, visiva che nella sua assoluta concretezza e semplicità sembra funzionare come una macchina da presa, in grado cioè di far vedere, mostrare.

MA UNA MACCHINA da presa che in più è capace di comunicare anche le emozioni, le sensazioni, le passioni. Del resto, l’ottimo lavoro di Tiziana Barillà è stato probabilmente facilitato dalla sintonia che da subito si è instaurata tra il sindaco e la giornalista. «Trasi, a tia non ti cacciu ca si’ na cumpagna», sono queste le prime parole che si sente rivolgere l’intervistatrice quando si presenta sulla soglia della porta dell’ufficio del sindaco. E così la storia che vien fuori è quella di un compagno, di uno che si è formato all’interno delle lotte politiche degli anni Settanta. E che non rinnega questa origine, anzi la rivendica.

LEGGENDO IL LIBRO di Tiziana Barillà, poi, si riesce a capire perfettamente cosa sia il cosiddetto modello Riace. Un modello che oltre tutto sembra espandersi, andando a interessare anche altri paesi della Calabria. Un modello in cui sicuramente l’accoglienza ai migranti riveste un ruolo centrale, ma non si limita solo a questo, andando a investire altre questioni di ampia portata. O forse meglio un modo di governare in cui il problema degli immigrati si trasforma in una risorsa in grado di contribuire a risolvere problemi come lo spopolamento del paese, la scomparsa di attività lavorative tradizionali e si integra con questioni quali lo smaltimento dei rifiuti o la gestione dell’acqua come bene comune.

QUELLO CHE AVVIENE nel paese calabrese sembra riallacciarsi a idee, proposte, modi di gestione della realtà presenti ormai da tempo nel dibattito politico della sinistra e in particolare al modello propugnato da Guido Viale in tanti interventi pubblicati sul manifesto, basato, appunto, sulla riconversione ecologica e sull’accoglienza.
«Ho la percezione che non solo l’antistato, ma anche lo Stato e le istituzioni sono contro quello che facciamo qui a Riace in tema di accoglienza» afferma a un certo punto Mimmo Lucano, dopo la notifica della relazione negativa a seguito di un’ispezione durata appena due giorni. Ed è di poco tempo fa la notizia che il sindaco di Riace è tornato sulle pagine dei giornali.

STAVOLTA SU QUELLI ITALIANI, perché indagato dalla procura di Locri per «abuso d’ufficio, concussione e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche in relazione alla gestione del sistema di accoglienza». Dopo aver ribadito la sua fiducia nel lavoro della magistratura, Mimmo Lucano ha avuto una reazione tipica per chi viene dalla sua storia, affermando: «Sono più innamorato della giustizia che della legalità, io».