La rappresentanza aziendale consentita ai soli sindacati firmatari, norma prevista dell’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori dichiarata illegittima ieri dalla Corte costituzionale, ha prodotto il maggior disastro al Giambattista Vico, lo stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco. Nel napoletano la Fiom è stata letteralmente espulsa dalla fabbrica: non avendo firmato il contratto che sanciva la nascita del modello Fabbrica Italia Pomigliano, prima è caduto il diritto a svolgere la propria attività all’interno del Vico e poi è venuta la «pulizia etnica», con gli iscritti tutti in cassa integrazione dal 2010. Le tute blu della Cgil sono state tenute fuori dalle linee e lontane dai circa 2mila operai che lavorano alla nuova Panda. Per tenere i canali di comunicazione aperti è stato necessario inventare, per oltre tre anni, metodi alternativi, come andare ai cancelli ogni mercoledì a volantinare, oppure organizzare due notti bianche con lo Slai Cobas, in occasione dei sabati di recupero indetti dalla Fiat il 15 e il 22 giugno.

«Dal contratto Fip in avanti, tutto quello che resta da fare alle Rsa è adeguarsi all’accordo firmato – spiega il segretario generale Fiom di Napoli, Andrea Amendola – Per esempio, non possono indire uno sciopero sul diciottesimo turno, o protestare se aumenta la cadenza sulle linee e i lavoratori vanno in difficoltà, oppure opporsi al sabato di recupero produttivo. Nel passato, in quest’ultimo caso, avrebbero chiesto lo straordinario pagato, che fosse richiamato qualcuno dei lavoratori in cig, insomma si sarebbe aperta una contrattazione. Oggi invece l’azienda manda le comunicazioni e loro si adeguano. Se fai storie ti tolgono i permessi sindacali, ti minacciano di licenziamento. Noi, non avendo firmato, possiamo opporci, organizzare uno sciopero, cioè fare sindacato».

Le prossime mosse della Fiom a Pomigliano saranno nominare le Rsa e indire un’assemblea: «Non mi aspetto che ci accolgano in fabbrica, anzi probabilmente ci saranno rappresaglie. La sentenza di ieri ha effetti immediati dove siamo già presenti, al Vico il Lingotto ci bloccherà e sarà una nuova battaglia legale ma siamo pronti a fare ricorso, avendo in più il pronunciamento della Consulta in tasca».

Insomma la strada è ancora lunga: «Il gruppo dirigente Fiat è nelle mani di Sergio Marchionne. Le relazioni sindacali sono ridotte a niente perché funzionali al piano di ristrutturazione disegnato dall’ad, che è poi un piano di dismissione dall’Italia appena mascherato, da portare avanti senza opposizione. Tutto è subordinato agli interessi in Usa e Brasile».
La Uilm Campania ieri ha reagito con fastidio alla decisione della Consulta: «Rischia di complicare ancora di più le relazioni tra sindacati e imprese e aprire la strada a una nuova stagione di ricorsi legali. Il paese rischia di perdere così la sua attrattività agli occhi delle imprese straniere che scapperanno ancora di più» il commento del segretario regionale Giovanni Sgambati.

«Non dare fastidio al manovratore e al padrone, questa è l’idea dei firmatari – prosegue Amendola – Nessuna battaglia per difendere quello che c’è, non solo al Vico». Con l’Alenia di Pomigliano la stessa strategia: Cisl e Uil felici di aver salvato la produzione, poi certo la sede legale è finita a Venegono e lo stabilimento di Casoria è stato chiuso. Con la Selex stesso copione: le divisioni strategiche Finmeccanica le ha spostate tutte al centro-nord, al sud niente, però i lavoratori di Giugliano sono salvi in cig o verso il pensionamento. Accontentarsi.

«La colpa è della classe dirigente del mezzogiorno. Quando Marchionne annunciò l’arrivo della Panda al Vico furono tutti entusiasti, amministratori, politici, sindacati, pure la Cgil. Il governatore Caldoro dichiarò che era un’occasione di sviluppo per tutta la Campania». Invece l’utilitaria vende poco, quello che viene assemblato al 70% arriva dall’estero e il restante, in gran parte, dagli altri impianti italiani. L’indotto locale è ridotto al lumicino: «Con queste strategie industriali e queste relazioni sindacali, quando arriverà la ripresa il nord si rialzerà in pochi anni, mentre al mezzogiorno ci vorrà un trentennio per tornare alle condizioni di qualche anno fa».