Il presidente paraguayano Mario Abdo Benítez, contro cui il popolo è in «stato di mobilitazione permanente» dal 5 marzo, resta al suo posto. A graziare lui e il suo vice Hugo Velázquez è stata mercoledì la Camera dei deputati: con 42 voti contro e 36 a favore, ha respinto la richiesta di impeachment dell’opposizione di fronte alla disastrosa gestione governativa della pandemia.

L’inettitudine e la negligenza mostrate dall’esecutivo non sono bastate al Partido Colorado di cui fa parte «Marito», come viene chiamato il presidente, per decidere di scaricarlo, malgrado la nota rivalità tra lui e Horacio Cartés, l’ex presidente che controlla tutte le istituzioni chiave dello Stato e indiscusso uomo forte del partito. Quel partito, cioè, che è al potere ininterrottamente dal 1946 – compresi i 35 anni della feroce dittatura del generale Alfredo Stroessner – con la sola interruzione del governo di Ferdinando Lugo, peraltro destituito da un colpo di stato parlamentare nel 2012.

E la stessa velocità con cui allora il Partido Colorado aveva proceduto a sbarazzarsi della fastidiosa parentesi presidenziale dell’ex vescovo legato alla teologia della liberazione è stata oggi impiegata – senza dare il tempo di leggere il testo della richiesta di impeachment – per salvare il presidente che, si suppone, si troverà ora ancor più in balìa di Cartés, il «re del tabacco» nostalgico della dittatura.

«Lamento profondamente l’incapacità di leggere la realtà e di ascoltare il clamore popolare», ha detto Pastor Vera Bejarano del partito di opposizione Plra (Partido Liberal Radical Auténtico), definendo inetta e corrotta l’amministrazione Abdo e denunciando la complicità del Partido Colorado: «Prima o poi si farà giustizia».

Ma la popolazione non è più disposta ad aspettare. E così, dopo il salvataggio del presidente da parte dei deputati in nome «della pace e della tranquillità dei compatrioti», si è riversata per le strade di Asunción al grido «Que se vayan todos», includendo in quei «todos» anche le screditate forze dell’opposizione.

La repressione da parte della polizia, con l’arresto di almeno 24 persone, non è riuscita a soffocare la collera dei manifestanti, tra cui moltissimi giovani: per gli oltre 3.500 morti (su una popolazione di circa sette milioni di abitanti), per il collasso del fragilissimo sistema di salute pubblico di fronte all’aumento dei contagi e per il ritardo nella campagna di vaccinazione, che vede il paese all’ultimo posto nel continente, anche a causa di un incredibile errore nel trasferimento di denaro per l’acquisto di dosi dal piano Covax delle Nazioni unite. Una rabbia che è andata ad aggiungersi all’indignazione per la corruzione galoppante, l’impunità e la profonda crisi economica attraversata dal paese ma pagata soprattutto dalle fasce più basse della popolazione.

Non sorprende allora che un gruppo di manifestanti sia giunto ad attaccare la sede del Partido Colorado, rompendo porta e finestre e persino appiccando un incendio, sotto i colpi di arma da fuoco sparati da una guardia privata contro chiunque passasse.