ArcelorMittal Italia ha inviato ieri sera al governo il nuovo piano industriale 2020-2025, rispettando la proroga di dieci giorni concessa dal governo nell’ultima riunione.

Il nuovo piano prevede, una produzione annua di sei milioni di tonnellate annue di acciaio tra il 2021 e il 2023, rispetto alle otto previste dall’accordo dello scorso marzo tra azienda e commissari straordinari di Ilva in As per conto del governo, che pose fine alla causa civile aperta presso il tribunale di Milano. Con l’obiettivo di tornare dal 2024-2025, o comunque dal 2026, agli 8 milioni di tonnellate annue.

Nel periodo transitorio, tra il 2020 e il 2023, gli esuberi dovrebbero essere 3300 e il piano proposto al governo prevede l’utilizzo degli ammortizzatori sociali.

Nessuna prospettiva di reintegro per i 1600 lavoratori non assunti da ArcelorMittal nel 2018 e traghettati nella società Ilva in AS: secondo l’accordo avrebbero dovuto ricevere un’offerta di lavoro da ArcelorMittal entro il 2023. Sino ad allora saranno impiegati nella bonifica delle aree interne ed esterne al siderurgico rimaste in capo alla struttura commissariale.

IL TOTALE DEGLI ESUBERI dunque è di 4.900 addetti sugli 12.600 totali. Contro i circa 6.800 del piano presentato a marzo e rigettato dal governo.

Se prima del biennio 2024-2025 si verificheranno impulsi positivi in particolar modo da parte del governo, con incentivazione del piano infrastrutturale, rottamazione e alzata dei dazi doganali, l’azienda si è detta disponibile a tornare sugli otto milioni annui di produzione con 10mila addetti totali.

MODIFICHE ANCHE PER QUANTO riguarda il piano ambientale: non ci sarà il revamping dell’altoforno 5 di Taranto, spento dal 2015, il più grande d’Europa e capace di pesare sul 45% della produzione.

Al momento il suo restyling è accantonato, visto lo scenario del mercato dell’acciaio, in calo del 10% prima della pandemia, la cui ripresa è prevista non prima del 2022. Sono confermati invece investimenti pari a 300 milioni per la realizzazione di due forni elettrici, come previsto dall’accordo dello scorso marzo.

Un piano, quello di ArcelorMittal, che non piace al governo: ieri mattina il ministro dello Sviluppo economico Pautanelli aveva preannunciato «un piano non in linea con quanto discusso fino a marzo e con quanto si aspetta il governo», definendo «inaccettabili» i tagli all’occupazione e anticipando l’ingresso dello Stato nell’ex Ilva con Cassa Depositi e Prestiti «quasi inevitabile».

Resta da capire come evolverà adesso la trattativa, visto che il ministro Gualtieri nei giorni scorsi era parso più possibilista del collega al Mise, sulla possibilità di giungere ad un accordo.

CHI AL MOMENTO RESTA ai margini del confronto, sono i sindacati metalmeccanici che già ieri hanno mostrato molta difficoltà nel contenere la tensione tra i lavoratori.

Il primo a commentare il nuovo piano è stato il segretario generale della Fim Cisl Marco Bentivogli: «Come sempre siamo gli ultimi a conoscere i piani ma i primi a pagarne il conto. Non sono accettabili gli esuberi dichiarati ed una produzione sui 6 milioni. Complimenti a chi ha tolto lo scudo penale e ha dato un ottimo alibi all’azienda per disimpegnarsi».

Sullo stesso tenore la segretaria della Fiom Cgil Francesca Re David: «I contenuti del piano continuano ad essere sconosciuti. È necessaria una convocazione urgente del governo sulla trattativa e su significato e tempi dell’ingresso di Cassa Depositi e Prestiti. Urgentissima la convocazione del tavolo di settore per la siderurgia».

«Una situazione paradossale che mi indigna e che offende tutti i lavoratori», ha dichiarato il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella. «Ora basta tentennamenti e incoerenze da parte del governo che non può continuare a dipendere e rimanere appeso alle decisioni di una multinazionale, pagando una penale irrisoria», conclude Palombella.