Un mese per trovare un accordo. Governo e Mittal, dopo l’intesa al tribunale di Milano sono più vicini. Ma ancora «antagonisti», come da definizione di Giuseppe Conte. Che la vigilia di Natale è tornato nella città dei Due Mari, spiegando agli operai ex Ilva la situazione, ancora assai ingarbugliata.

AI LAVORATORI IL PRESIDENTE del consiglio ha ribadito l’impegno nella trattativa con ArcelorMittal, definita dal premier «un’antagonista»: «Abbiamo 30 giorni per elaborare un nuovo piano industriale. Diventeremo partner solo con un piano condiviso, per ora siamo su fronti contrapposti». «Abbiamo ottenuto – ha aggiunto – una tregua dal punto di vista giudiziario. Il piano industriale originario non lo accetteremo. Stiamo lavorando e conteranno i risultati. C’è la volontà di elaborare questa condivisione di obiettivi e pervenire a un piano che sia sostenibile dal punto di vista economico e finanziario, altrimenti non si va da nessuna parte», ha detto il premier che ha chiuso la sua giornata cenando alla mensa della Caritas.
L’obiettivo del governo è rivedere al rialzo le stime di ArcelorMittal in merito al piano industriale 2020-2024. Portando la produzione da 6 ad 8 milioni di tonnellate annue, attraverso una transizione energetica che trasformi l’ex Ilva dal più grande impianto siderurgico d’Europa a ciclo integrale ad un impianto a ciclo ibrido. Obiettivo perseguibile attraverso l’installazione di due forni elettrici con capacità produttiva pari a 2,4 milioni, che si sommerebbero ai 5,4 milioni prodotto con gli unici due altiforni che resterebbero in marcia, l’altoforno 4 e l’altoforno 5, il più grande d’Europa, da alimentare in parte con il preridotto per abbattere il consumo di coke.

NON COMPARE NEL PIANO l’altoforno 2, la cui prevista dismissione nel 2023 potrebbe essere anticipata, qualora lunedì il tribunale del Riesame non accogliesse la richiesta di proroga della facoltà d’uso dell’impianto avanzata dai commissari straordinari.

La Fiom di Taranto, attraverso il segretario Francesco Brigati, pur accogliendo positivamente l’idea del ciclo ibrido avanzata tempo addietro dalla stessa Fiom, ha però chiesto al premier chiarezza «sul piano ambientale e occupazionale: nessun esubero e tutela di tutti i lavoratori».

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO era stato in fabbrica lo scorso 8 novembre, all’indomani dell’atto di recesso da parte di ArcelorMittal, giorno durissimo per i lavoratori.

Prima di andare in fabbrica, il premier si era recato in visita al reparto di Oncoematologia pediatrica dell’ospedale Santissima Annunziata, intitolato la settimana scorsa a Nadia Toffa, la giornalista delle Iene scomparsa lo scorso agosto, diventata testimonial della vendita solidale delle magliette con la scritta “Ie jesche pacce pe te” (io esco pazzo per te). Campagna attraverso la quale furono raccolti oltre 500mila euro, utilizzati per completare il restyling del reparto.

Accolto dal presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, dal prefetto e dai vertici locali delle forze dell’ordine, Conte ha incontrato nell’androne dell’ospedale i piccoli pazienti del reparto e i loro genitori. Al termine di un giro nei reparti, accompagnato dal direttore generale dell’Asl Stefano Rossi, il premier ha tenuto un punto stampa con i giornalisti. «Sono qui per portare attenzione a questa comunità ferita. A novembre ho promesso che il sistema Italia avrebbe lavorato per questo», ha detto Conte, confermando che «alcune misure le abbiamo approvate, altre le approveremo», in riferimento al decreto “Cantiere Taranto” di prossima approvazione. Alla domanda se quella in atto fosse una «passerella politica», il premier ha risposto piccato: «Io non vi ho chiamato: tornate dalla vostre famiglie com’è giusto che sia, non seguitemi più, così non sarà una passerella. Qualcuno vi ha avvisato, per questo siete qui». Quel qualcuno, semplicemente, era il sito ufficiale di Palazzo Chigi che nella mattinata del 24 aveva diffuso una breve nota che annunciava l’arrivo del premier a Taranto.
All’esterno dell’ospedale era presente un presidio di associazioni e comitati che chiedono la chiusura della fabbrica, la bonifica e la riconversione economica del territorio.