Mentre a Roma ci si illude di convincere o di far cambiare idea a Mittal, a Milano si affilano le armi per lo scontro giudiziario fra il gigante dell’acciaio e il governo italiano, nella figura dei commissari dell’Amministrazione straordinaria dell’ex Ilva.

Ieri per qualche ore si è sperato che il ricorso di Arcelor Mittal non fosse ancora stato presentato: ciò avrebbe significato che il colosso franco-indiano non aveva ancora fatto il grande passo per lasciare l’Italia. In realtà la notizia si riferiva al fatto che il ricorso presentato da Arcelor Mittal Italia la scorsa settimana non è ancora stato assegnato a un giudice. L’atto è contro i commissari straordinari dell’ex Ilva con cui si chiede di recedere dal contratto di affitto.

Ancora non risulta depositato neppure il contro-ricorso cautelare – con modalità da discutere con urgenza – preparato dai commissari straordinari in cui si sostiene invece che non ci sono le condizioni per il recesso dal contratto e che il ritiro dello scudo penale non è una condizione sufficiente per permettere ad Arcelor Mittal di venir meno al patto.

LA PROCEDURA PER RESTITUIRE allo Stato gli stabilimenti, il principale è quello di Taranto «da cui dipendono tutte le attività comprese nel ramo di azienda» e «l’unico – si legge nell’atto che dovrebbe essere depositato in Tribunale oggi – a ciclo integrale in Italia», ha preso il via lo scorso 5 novembre con l’annuncio comunicato con una lettera dall’ad del gruppo franco-indiano Lucia Morselli ai segretari provinciali di Fiom, Fim e Uilm in un incontro a Taranto. Secondo la procedura, che si basa sull’articolo 47 della legge 428/90, da quel giorno i termini per la cessione scadono in 30 giorni.

La scadenza è dunque il 5 dicembre. Probabilmente il giudice si pronuncerà prima anche se l’acciaieria è così complessa e delicata che Arcelor Mittal e commissari dovranno per forza venirsi incontro per evitare di comprometterne il funzionamento.

A SCHIERARSI CON MITTAL – o comunque andando incontro alle sue richieste – è Confindustria. Se sabato il presidente Vincenzo Boccia aveva parlato della necessità di aprire ad un numero significativo di esuberi, ieri in audizione in parlamento sulla legge di bilancio Confindustria ha ribadito che «gli ultimi sviluppi su Ilva dimostrano l’incapacità del Paese di dare alle imprese regole certe e chiare» nonché «di valutare gli effetti di determinate decisioni sull’economia reale».

Molto critici i sindacati che per tutta risposta hanno proclamato scioperi a tappeto. Oggi ci saranno ventiquattrore di sciopero a Novi Ligure in difesa dello stabilimento e degli oltre 700 dipendenti diretti e dell’indotto. A proclamare la mobilitazione Fim Fiom Uilm e le Rsu del sito Ex Ilva con uno stop di 8 ore per turno con presidio davanti alla fabbrica e davanti alla Prefettura di Alessandria nel corso dei quali i sindacati chiederanno come qualunque tipo di confronto il governo pensi di attivare con ArcelorMittal dovrà coinvolgere il sindacato e i lavoratori.

«Nell’accordo sottoscritto l’anno scorso al Mise ArcelorMittal si era infatti impegnata a mantenere l’occupazione e la produzione dell’acciaio da Taranto a Genova, Novi, Racconigi, Marghera, non è accettabile e soprattutto non può avvenire senza che i lavoratori siano informati di ciò che si sta discutendo», dicono unitariamente Fim Fiom e Uilm che nel corso del presidio chiederanno di essere ricevuti dal Prefetto. «Chiediamo alla cittadinanza, alle istituzioni e tutte le forze politiche e sociali di scendere in campo a fianco dei lavoratori», concludono.

GRANDE TENSIONE anche a Genova, dove la Fiom per il terzo anno consecutivo ospita da domani la conferenza generale del coordinamento europeo dei consigli di fabbrica della siderurgia con delegazioni da delegazioni da Dunkerque, Brema e Fos-Sur-mer. Gli operai di Cornigliano ancora non hanno dichiarato sciopero ma tutti in fabbrica sanno che è questione di giorni. Oggi arriverà a Genova una nave carica di semilavorati che garantirà lavoro fino alla prossima settimana, una decina di giorni di lavoro. Poi potrebbe arrivare lo stop. «La situazione è quella che possono vedere tutti – dice Armando Palombo, coordinatore dell’rsu – con il governo in totale confusione di fronte a una Mittal lucidissima che va avanti per la sua strada e non dice una parola all’esterno. Nel braccio di ferro tra il Mike Tyson dell’acciaio e gli azzeccagarbugli dilettanti di Roma, Mittal minaccia migliaia di operai. Ma non abbiamo nessuna intenzione di restare schiacciati», chiude Palombo.