Con un documentario sull’attrazione fatale tra i fan di Star Wars e Gorge Lucas (The People vs. George Lucas), un film sul genere zombie (Doc of the Dead) e una radiografia della scena della doccia in Psycho, (78/52), il documentarista svizzero Alexandre Philippe e’ ormai un noto esploratore del cinema di genere. Capillare, ossessivo e idiosincratico come gli altri, e ancora piu’ ricercato dal punto di vista visivo, il suo nuovo lavoro, Memory: the Origins of Alien, e’ stato recentemente presentato nella sezione mezzanotte del Sundance Film Festival. Abbiamo intervistato il regista.

D. Perche’ Alien?

R. Mi interessano i film che entrano, per cosi’ dire, nell’inconscio collettivo, le intersezioni tra il cinema e la cultura popolare. Poche scene nella storia del cinema hanno avuto l’impatto della doccia di Psycho e, nel caso di Alien, della scena in cui la creatura esplode dal petto di John Hurt. All’inizio Memory doveva esser solo l’esplorazione di quella scena. Ma ho capito subito che non potevo fare una decostruzione come quella che ho fatto nel mio film su Psycho -qui sarebbe diventato un documentario sul making of. La cosa che mi ha messo sulla strada giusta e’ stato il quadro di Francis Bacon, Tre studi per una crocifissione. Mi affascinava molto l’idea che Ridley Scott l’avesse mostrato al pittore svizzero H. R. Giger. Sono grande fan di Bacon e mi piaceva l’idea che le furie greche avessero sostanzialmente ‘occupato’ il contesto di una crocifissione e che lui fosse ossessionato da quell’immagine. Cosi’ mi sono incamminato sul sentiero della mitologia, in modo quasi inconscio, come molte delle scelte che hanno guidato questo film. Imprevisto per esempio era anche che dall’incontro con Diane O’ Bannon, la vedova di Dan, sarei arrivato a quel suo archivio incredibile, che a sua volta mi ha portato a Giger e all’egittologia. In un certo senso Memory e’ una lettura mitologica di Alien.

D. In effetti, il tuo film riporta in primo piano Dan O’Bannon, il co-sceneggiatore del film e un grande del cinema fantastico, ma meno riconosciuto di altri autori della sua generazione.

A. Avevo sentito parlare dell’archivio di Dan. Ma non mi sarei mai aspettato, quando sono andato a casa di Diane per la prima volta, di trovarmi di fronte a un soggiorno pieno di scatole. Alcune erano gia’ aperte. Altre no. Ne sono usciti quei fantastici story boards preliminari, i disegni dell’astronave a piramide, le diverse versioni della sceneggiatura, gli schizzi di insetti, che lo terrorizzavano cosi’ tanto. E poi le due stesure del copione di Memory, che e’ la vera origine di Alien. Tutto in questa casetta, in un sobborgo a nord di San Diego. Avevo la pelle d’oca. C’e’ voluto un po’ per convincere Diane a fidarsi. Ma abbiamo sviluppato un rapporto fantastico. Infatti mi ha appena scritto che il film le piace molto. Come hai detto, e’ un tributo a Dan O’Bannon

D. Perche’, come afferma il documentario, credi che cosi’ tanti autori -oltre a O’Bannon e Giger, anche John Carpenter e Guillermo Del Toro- siano attratti da Lovecratf, che e’ uno scrittore piuttosto impossibile da filmare?

R. Nei testi di Lovecraft e’ come se l’orrore fosse subito aldila’ dei margini della pagina. Ti porta sull’orlo di quell’orrore ma lo descrive pochissimo, quasi nulla. Non esiste un altro autore che stimoli cosi’ tanto l’immaginazione, che inviti a personalizzare l’orrore in quel modo. Quindi non mi sorprende che autori dall’immaginazione incredibile come quelli che citi siano attratti dai suoi scritti. Certo, per evocare Lovecraft ci vuole un genio visionario. Pensa alla creatura in The Thing, di Carpenter. Dal 1982 ad oggi, non c’e’ ancora nulla che abbia eguagliato quell’orrore viscerale. E’ molto specifico. Cosi’ sono la visione e lo stile di Giger, che sono completamente diversi

D. L’allineamento tra O’ Bannon, Giger e Scott che descrivi nel film e’ magico. Ma anche stranissimo -uno sceneggiatore marginalizzato dallo studio e dal suo stesso progetto, un artista svizzero che la Fox non voleva assolutamente e un regista inglese al tempo poco conosciuto..

R. Dan e Giger si conoscevano da Dune, il progetto poi andato a picco di Jodorowski. In comune avevano anche la passione per il Necronomicon di Lovecraft. E’ straordinario che lo Xenomorph XX121, la creatura di Alien, fosse gia’ anticipata nella versione del Necronomicon illustrata da Giger. Quando Dan gli ha mostrato il libro, Ridley Scott ha detto: ecco la creatura! Lo studio non ne voleva sapere. Ma Ridley non ha ceduto. Senza Scott, Giger non avrebbe fatto parte del progetto, lo avevano gia’ licenziato. Alien e’ veramente il risultato di una simbiosi tra artisti. Dan aveva bisogno di Giger per esprimere la sua visione e Giger aveva bisogno del sostegno di Ridley Scott per ottenere il lavoro. Togli uno dei tre dall’equazione e Alien sarebbe stato l’ennesima versione di un film di sci-fi gia’ visto.

D. Perche’ credi Walter Hill, che ha portato il progetto alla sua casa di produzione e lavorato ad alcune stesure dello script, abbia deciso all’ultimo momento di non dirigere il film?

R. Non lo so. Ma certo tra lui, David Giler e Dan i rapporti non erano buoni.

D. Ma e’ stato lui a far scritturare Sigourney Weaver, nel ruolo scritto per un uomo.

R. E’ stato sicuramente uno dei suoi contributi principali. Quello, e trasformare Ash in un androide. Anche quello non era previsto, nello script di O’Bannon

D. Immagino che tu abbia chiesto a Sigourney Weaver e a Ridley Scott di essere nel tuo film. Perche’ non hanno partecipato?

R. Per Ridley immagino si trattasse di una questione di tempo, e’ sempre occupatissimo. I suoi produttori sono venuti a vedere il film ed erano entusiasti. A lui ho mandato un link. Spero che gli piaccia. Con Sigourney abbiamo provato un paio di volte..Alla fine ha detto no. Forse pensava di aver detto tutto quello che aveva da dire su Alien. Certo che averli mi sarebbe piaciuto.

D. Perche’, secondo te, Alien non ha suscitato lo stesso rifiuto viscerale di The Thing ed e’ invece diventato subito un successo?

R. In effetti, nel 1979, Alien non avrebbe dovuto essere un successo. Era controtendenza in tutti i sensi. Il pubblico era a caccia di storie confortanti, anche se parlavano di alieni. Se un film cosi’ diventa un blockbuster ci deve essere una ragione -vuol dire che mette in scena delle idee che il pubblico aveva bisogno di esplorare, anche se non a livello conscio. Non credo che Ridley Scott, Giger e Dan fossero perfettamente consapevoli delle forze a cui il film da’ sfogo. Ma, quarant’anni dopo, affermare che, al tempo, Alien riflettesse la colpa patriarcale della nostra societa’ sembra perfettamente logico. Se no, come spieghi l’impatto del film? Sono pochi i film che hanno un effetto simile, e inaspettato, sul pubblico. Uno dei piu’ recenti mi e’ sembrato It, dal libro di Stephen King, che e’ un’ allegoria perfetta dell’America di Trump. Non per via del pagliaccio con i capelli arancioni -ma per questi bambini, cosi’ diversi tra di loro che lottano per stare insieme, rimanere uniti contro queste forze che vogliono separarli. E’ veramente quello che sta succedendo in America -quel bisogno di rimanere uniti ha incontrato un bisogno del pubblico. Anche qui a livello subliminale, ovvio. Dopo una delle proiezioni di Memory al Sundance, un signore del pubblico ha raccontato che quando ha visto Alien per la prima volta, nel 1979, al momento in cui John Hurt si sente male, ha capito quello che sarebbe successo, e si e’ precipitato in bagno, dove ha trovato venti uomini che si erano rifugiati li’ per la stessa ragione. E’ una prova che questo film sugli uomini aveva un effetto di terrore assoluto, che invece sulle donne non esercita. Chiaramente, lavorandoci, non mi aspettavo che saremmo arrivati a una teoria del genere e in un momento culturale come questo -la mia idea di partenza non era certo fare un film sul senso di colpa del genere maschile da far uscire nell’era di #MeToo. Sono felice che, nel quarantesimo anniversario della sua realizzazione Alien si rivolga a temi cosi’ contemporanei. E’ un’altra prova di quanto straordinario sia il film.

D. Perche’ , nella tua ricerca sulla intersezioni tra cinema e cultura popolare, privilegi l’horror, la sci-fi o la fantasy?

R. Forse e’ perche’ amo la cultura popolare e le cose che spesso sono sottovalutate perche’ ritenute “solo pop culture”. E poi perche’ da piccolo ero ossessionato dall’horror –Alien, The Night of the Living Dead, Scanners.. Pero’, in genere penso che siano i film che scelgono me, non viceversa. E’ stato cosi’ anche per il mio prossimo lavoro, che sara’ un’esplorazione di The Exorcist. L’incontro con Billy Friedkin e’ stato completamente casuale. Lavoro, come lui, in modo molto intuitivo.