Continua a evolversi la risposta americana al coronavirus mentre all’incertezza generata dalla potenziale pandemia è stata in parte attribuita la perdita di 600 punti dell’indice Dow venerdì. Con l’ultimo paziente certificato a Santa Clara, nei pressi di San Francisco, i casi accertati negli Usa sono ora sette, di cui tre in California. E mentre non si sono registrati nuovi casi di trasmissione diretta (oltre all’unico caso a Chicago di un uomo infettato dalla moglie), 191 individui entrati in possibile contatto con i sette pazienti, vengono monitorati dal personale del Center for Disease Control per eventuali sintomi della malattia.

Il governo ha annunciato lo stato d’emergenza sanitario e nuove restrizioni all’entrata nel paese di persone provenienti dalla Cina, compresa le prime quarantene in 50 anni e moratorie sull’ingresso di cinesi nel paese che hanno evocato il famigerato Chinese exclusion act del 1882. A partire da oggi soggetti stranieri che abbiano di recente visitato la Cina non potranno entrare nel paese. I cittadini americani – o parenti stretti di cittadini, nelle stesse condizioni – potranno essere soggetti a una quarantena di due settimane al rientro. È il caso anche dei passeggeri del volo charter predisposto la scorsa settimana dal dipartimento di stato per evacuare personale non essenziale da Wuhan, città epicentro dell’epidemia. L’aereo ha trasportato fra i 195 e i 210 (le cifre annunciate sono discrepanti) dalla città focolaio del virus agli Usa. I passeggeri sono stati selezionati con il criterio dei «soggetti a rischio» dando precedenza quindi ad anziani, persone con patologie preesistenti e bambini – anche se non sono mancate alcune polemiche sulla modalità di selezione.

I passeggeri del Boeing sono sbarcati nella March Air Reserve Base, la base aeronautica nei pressi di Riverside, 100 km circa ad est di Los Angeles. Dopo una serie di informazioni contrastanti sembra ora accertato che vi dovranno rimanere fino all’11 febbraio, 14 settimane dopo la partenza dalla Cina, ovvero un lasso di tempo corrispondente al probabile periodo di incubazione del coronavirus.

Un portavoce ha dichiarato che gli «ospiti», in maggior parte dipendenti del dipartimento di stato, comprendono la situazione, anche se è stato registrato almeno un tentativo di lasciare la base da parte di un individuo a cui è stato impedito. «Stiamo facendo ogni sforzo per rendergli confortevole la permanenza» ha dichiarato Cameron Kaiser, commissario sanitario della contea di Riverside, aggiungendo che oggi in base verrà predisposta la visione della finale Superbowl.

Annunciate anche misure preventive sui viaggi in generali. Per agevolare i controlli, a partire da ieri tutto il traffico aereo dalla Cina verrà indirizzato su sette aeroporti: Los Angeles, New York, Chicago, Honolulu, Atlanta, Seattle e San Francisco dove sono predisposte accertamenti medici particolari per i passeggeri.
Intanto, in seguito agli avvertimenti del dipartimento di stato, le aerolinee di bandiera americana hanno tutte annunciato restrizioni sui servizi verso la Cina.

L’American Airlines ha sospeso tutti i voli da e per la Cina fino al 27 marzo. L a Delta ha fatto seguito decidendo però di sospendere i voli a partire da venerdì prossimo per dare l’opportunità a chi lo volesse di lasciare il paese nei prossimi giorni. Sempre dal 6 febbraio anche la United sospenderà il servizio verso la Cina mantenendo attiva solo la rotta San Francisco- Hong Kong. Le sospensioni sono state implementate malgrado l’Oms non le abbia per ora ritenute necessarie.