Carte fin troppo coperte e quasi solo ascolto. Sul Recovery plan Mario Draghi sta completando gli incontri con partiti e parti sociali prima di presentare il testo in parlamento e poi di spedirlo fin troppo in fretta a Bruxelles. Ma il testo rimane segreto così come le novità introdotte rispetto al testo preparato dal governo precedente.

Ed è infatti questo il grande punto di domanda a pochi giorni dal consiglio dei ministri che dovrà varare il testo – forse domani o venerdì – : quanto e come sarà diverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza di Draghi da quello di Conte?

LE UNICHE FRASI DEL PREMIER riportate da chi lo ha incontrato ieri riguardano il metodo, non certo il merito del Pnrr. «Il Recovery diventa inattuabile se non è comunicato, disegnato, digitalizzato con trasparenza. Ogni progetto ha un cronoprogramma, questa informazione verrà posta su una piattaforma digitale in modo che sia controllabile e monitorabile da parte di tutti». Questo avrebbe detto nell’incontro pomeridiano in videoconferenza con Confindustria e le altre associazioni di imprese. «Ma il miglior modo – avrebbe aggiunto – per controllare l’attuazione nei tempi e modi che saranno decisi è il confronto continuo». Dunque incontri continui con le parti sociali sulla realizzazione del Recovery plan. Ma senza che queste ne conoscano ora il contenuto.

A MEZZOGIORNO IL PRESIDENTE del consiglio ha ricevuto in presenza i tre leader sindacali con Maurizio Landini in posizione centrale con alla sua sinistra Pierpaolo Bombardieri e a destra Luigi Sbarra. La richiesta primaria comune di Cgil, Cisl e Uil – associare ad ogni progetto contenuto nel piano il numero di posti di lavoro creati – è stata comunque accolta. «Il premier Draghi si è detto disponibile a fare una valutazione sugli impatti occupazionali del piano», hanno annunciato i sindacati.

Nessuna risposta ma «attento ascolto» invece per la richiesta di Landini di «un piano straordinario per l’occupazione che metta al centro i giovani, le donne e il Mezzogiorno». Spiega il segretario della Cgil: «Abbiamo chiesto che ogni progetto delle 6 missioni indichi anche quanti posti di lavoro determinerà – aggiunge – . Questo è il punto centrale, c’è bisogno di un lavoro stabile, non precario. E le riforme devono vedere un coinvolgimento maggiore delle parti sociali».

«VOGLIAMO ESSERE COINVOLTI nella discussione sul dettaglio dei progetti per capire quali sono i risultati attesi e quali le ricadute sociali. Abbiamo chiesto con forza che le parti sociali siano coinvolte nella governance perché vogliamo seguire anche la verifica dei risultati», ha aggiunto il segretario della Cisl Luigi Sbarra.

«È molto difficile esprimere un giudizio su un Piano sul quale non è stato possibile confrontarsi. Abbiamo chiesto che, così come accade in Francia, al Piano siano allegate anche le posizioni espresse dalle parti sociali», ha sottolineato il segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri.

QUALCHE ALTRO INDIZIO è arrivato grazie alle parole che Draghi ha detto nell’incontro internazionale in collegamento in vista del Global Health Summit che sarà ospitato dall’Italia il 21 maggio: «Possiamo lasciarci alle spalle la parte peggiore della pandemia», ma «non sappiamo» quanto durerà il Covid o «quando ci colpirà» la prossima epidemia. Perciò, sottolinea il premier, è il momento di «sostenere la ricerca e rafforzare le catene di approvvigionamento» a partire da quelle dei vaccini e anche rilanciare sistemi sanitari che si sono rivelati troppo «fragili». La ristrutturazione del sistema sanitario italiano partirà dal Pnrr: per la sola assistenza domiciliare la spinta dovrebbe portare l’Italia a una media del 10% contro il 6% dell’Ue. I miliardi totali per la sanità potrebbero aumentare da 19 a 25. Ma anche qui nessuna certezza. Solo mistero.