Mario Centeno è stato eletto ieri alla presidenza dell’Eurogruppo con 10 voti su 19, dalla sua parte le maggiori economie continentali come Germania, Francia, Italia e Spagna. Ancora un portoghese ai vertici di organismi internazionali, dopo José Manuel Durão Barroso, ex-presidente della Commissione Europea, Vitor Constâncio, vice presidente della Banca Centrale Europea, e António Guterres segretario generale dell’Onu.

A sostituire Jeroen Dijsselbloem alla guida di una delle più importanti, anche se informale, istituzioni di Bruxelles un tecnico che, nel biennio come ministro delle Finanze del governo delle sinistre, ha mostrato grandi capacità di mediazione e una, se pur timida, sensibilità alle politiche di redistribuzione. Un curriculum vitae da tecnico: dottorato ad Harvard, professore di economia all’Istituto Superiore di Economia e Gestione dell’Università di Lisbona, un passato nel Banco de Portugal e membro del Comitato di politica economica dell’Unione Europea.

Due i punti principali della candidatura Centeno: rafforzare i processi di integrazione e di centralizzazione del controllo sui bilanci tra i paesi dell’area Euro e democratizzare i percorsi decisionali. In sostanza nulla di nuovo a quanto già sostenuto dal presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron appena pochi mesi fa.

Difficile per il momento dire se ci si trovi di fronte a un’inversione di rotta con il passato. Tutto lascia intendere che i cambiamenti non saranno significativi, anzi, è probabile che la navigazione del governo Costa si faccia ora più difficile, quanto meno per i partiti dell’area più a sinistra messi all’angolo in questo momento da una possibile radicalizzazione centrista.
Dopotutto Centeno non ha mai espresso critiche particolarmente rivoluzionarie all’ispirazione austeritaria del Memorandum firmato dal Portogallo con la Troika. Il rispetto delle regole dei trattati monetari è stato molto rigoroso, cosa che peraltro ha giocato un ruolo fondamentale per la sua vittoria.

Come è facile intuire le preoccupazioni a Lisbona sono molte, perché a questo punto, il neo-eletto presidente dell’Eurogruppo diventerà il controllore delle politiche fiscali dei paesi Euro, quindi anche del Portogallo. Non è un caso che il Partido Comunista Português (Pcp) e il Bloco de Esquerda (Be) si siano schierati duramente contro la scelta di questa candidatura.

Sullo sfondo gli attriti crescenti all’interno della coalizione che prima o poi potrebbero tradursi in una spaccatura.

I socialisti infatti non sono disponibili a spingersi molto oltre a quanto già fatto fino ad ora nella direzione di incrementare forti misure per contrastare la sperequazione della ricchezza. Insomma tutto sembra indicare che il contenimento della spesa pubblica non sia sufficiente, che ci sia qualche cosa di più profondo che potrebbe portare a un riavvicinamento al centro destra. Non è un caso che maggiore entusiasmo arrivi dalle fila del Partido Social Democrata (Psd – centro-destra), dove si spera in una possibile riapertura del dialogo con i socialisti dopo la rottura consumatasi nel novembre del 2015.

Con Centeno presidente il rischio è che anche i socialisti portoghesi possano essere indotti a un comportamento più in linea con i loro omologhi europei. Il riferimento a Emmanuel Macron non lascia presagire a nulla di buono né per il Portogallo né per l’Europa.