L’avvertimento è stato diramato la settimana scorsa, simile ai tanti travel advisory che mettono in guardia i cittadini americani sulle zone a rischio da evitare nel mondo. Gli ultimi aggiornamenti sul sito del dipartimento di stato riguardano Venezuela, Corea del Nord e Somalia per pericolo di disordini, imprigionamento e attacchi terroristi. Con la stessa formula la Naacp (National association for the advancement of colored people) sconsiglia ora agli americani dalla pelle scura di recarsi in Missouri.

«Consigliamo a ognuno la massima allerta, di prevenire amici e famigliari in caso di viaggio in questa regione e di essere coscienti dei pericoli che si corrono nel nostro stato», ha dichiarato Rod Chapel, responsabile per il Missouri della storica organizzazione per la tutela dei diritti degli afro americani. La decisione, ha spiegato, è stata presa in seguito ai numerosi episodi di violenza ai danni di afro americani, compresi i 25 morti uccisi dalla polizia nello scorso anno. «Consigliamo a chi avesse necessità di visitare lo stato di partire preparati – ha proseguito Chapel parlando al Kansas City Star – avvertire i parenti del proprio tragitto e assicurarsi di avere fondi necessari per un eventuale cauzione».

OLTRE ALLA VIOLENZA la Naacp ha citato episodi di razzismo all’università del Missouri e ha ricordato la morte, nel maggio scorso, di Tory Sanders, un padre di otto figli in viaggio da Tennessee. Rimasto senza benzina, si era rivolto alla polizia per assistenza. Preso in custodia cautelare dagli agenti sarebbe uscito dal commissariato solo tre giorni dopo, deceduto in circostanze non chiare dopo una colluttazione in cui era stato taserato. Un caso che rammenta centinaia di episodi simili in cui un contatto casuale con le forze dell’ordine culmina rapidamente con l’uccisione di innocenti da parte degli agenti, eventualità che raddoppia di probabilità quando il cittadino è afroamericano. Basta un’infrazione stradale, magari il controllo per un per un fanalino rotto o semplicemente l’affermazione da parte degli agenti di «aver intuito un pericolo». Immancabilmente anche quei pochi poliziotti che vengono rinviati a giudizio vengono poi assolti.

Nella triste litania di morte per mano della polizia (594 uccisi ad oggi quest’anno, oltre 1.100 nel 2015 e nel 2016 – più di un quarto afro americani), il Missouri (25 morti) è stato superato lo scorso anno dalla Florida, con la sua mattanza di 75 vittime. Ma nel calcolo della Naacp rientra il valore simbolico dello stato dove l’uccisione tre anni fa di Michael Brown provocò le rivolte di Ferguson, l’atto fondativo di Black Lives Matter. Il governo dello stato (che lo scorso novembre ha sostenuto in maggioranza Trump) ha inoltre recentemente modificato il proprio statuto per rendere più difficile denunciare discriminazioni razziali sul lavoro.

Tutto in uno stato che ha anche una pesante eredità storica. Nella guerra civile il Missouri fu territorio di confine fra sud schiavista (Arkansas, Tennessee) e il nord (Iowa, Illinois), teatro di feroci battaglie e sanguinarie campagne fra reparti irregolari e guerriglieri filo confederati, i famigerati bushwackers.

STORIA ANTICA che riaffiora ora con prepotente pertinenza nell’America di Trump e della sua malcelata restaurazione bianca. La guerra civile è paradigma tutt’altro che accademico per le minoranze, soprattutto dei neri, nel mirino del progetto articolato da ideologi trumpisti come Bannon, Miller e l’attorney general Jeff Sessions, per azzerare mezzo secolo di progressi sul fronte dei diritti civili. È un contesto in cui affiorano ostilità mai sopite e le faglie razziali che attraversano, appena sotto la superficie, una società che non ha mai del tutto completato il tortuoso percorso dallo schiavismo e genocidio delle origini al garantismo costituzionale e all’ideale pluralista multiculturale.

UNA STRATEGIA in cui rientrano nuove restrizioni al diritto di voto e agli statuti contro la discriminazione. Porre nuovi ostacoli al voto delle minoranze, ad esempio, è lo scopo della pretestuosa commissione sui brogli elettorali che secondo il vicepresidente Pence dovrebbe «fare chiarezza» sui 3-5 milioni di presunti (e inesistenti) voti «illegittimi» addotti da Trump come fantapolitica causa della sua sconfitta nel voto popolare. Delle ultime settimane sono l’espulsione dei transgender dall’esercito e la decisione del dipartimento di giustizia di escludere gli omosessuali dalla protezione del Civil rights act varato nel 1965.

Nel complesso si tratta di una un sterzata radicale dalla traiettoria politica e dalla narrazione nazionale che prevede un graduale ma tutto sommato costante progresso sui diritti di donne, minoranze e immigrati, ottenuto a costo di ardue lotte e l’eventuale avallo dei tribunali costituzionali. Ultimo attacco alle garanzie di era Kennedy-Johnson, quello della scorsa settimana quando il ministro Sessions ha annunciato la campagna contro la discriminazione dei bianchi nelle ammissioni universitarie. Politiche che con la corte suprema prima tenuta ostaggio dal Gop, poi dirottata verso destra dalla nuova amministrazione, assumono improvvisamente un’inquietante plausibilità.

L’INVERSIONE DI ROTTA progettata dai settori oltranzisti della destra nativista è promossa da Donald Trump, e dalla sua retorica contro la correttezza politica. Accade così che il presidente della nazione con la polizia più mortifera abbia incitato un raduno di poliziotti a Long Island ad essere «un po’ più ruvidi» con i «criminali ».

Al di là degli effettivi danni che potranno infliggere le maggioranze parlamentari repubblicane e la corte suprema a maggioranza conservatrice, la demagogia squadrista che emana dalla Casa bianca riabilita gli istinti peggiori di una società dalla vocazione violenta e autoritaria e ne mobilita incoscientemente le pulsioni più razziste.

È con questa consapevolezza che la provocazione della Naacp vuole segnalare la gravità di una politica che rischia di scoperchiare un vaso di Pandora con conseguenze incalcolabili.