Si apre una nuova fase nella battaglia di Baghdad contro lo Stato Islamico, stavolta sotto l’ala russa e non Usa. Ieri il premier al-Abadi ha annunciato il via ad un’operazione militare nella provincia di Salah-a-din, parzialmente occupata dai miliziani dell’Isis. A sostenere le truppe via terra ci sarà l’aviazione, guidata dal centro direzionale di Baghdad inaugurato da russi, iraniani e siriani. Mosca compie il primo passo dentro l’Iraq, a cui potrebbe seguire l’intervento dell’aviazione, preventivata proprio dal governo iracheno.

Secondo Hakim al-Zamili, capo del comitato parlamentare della Difesa, il bombardamento di un convoglio Isis (che si pensava trasportasse il “califfo” al-Baghdadi) è stato possibile grazie alle informazioni dell’intelligence russa al centro direzionale congiunto.
Dall’altra parte del confine, in Siria, l’ingombrante presenza russa provoca le prime conseguenze sul campo di battaglia: ieri due colpi di mortaio sono caduti fuori dall’ambasciata di Mosca a Damasco dove si erano radunati centinaia di siriani a sostegno dell’intervento russo.

E se i ribelli moderati scompaiono gradualmente dalla scena, a pagare il prezzo più salato dei raid russi è al-Nusra, molto più colpito dell’Isis perché la priorità, per Damasco, è liberare dalla presenza qaedista le zone costiere e nord-occidentali, per poi spingersi verso il califfato, a est.

Ieri il leader del Fronte al-Nusra, al-Jolani, in un messaggio audio, ha posto una taglia di tre milioni di dollari sulla testa di Assad e una di due milioni su quella del leader di Hezbollah, Nasrallah. Ha poi promesso nuovi attacchi contro le forze governative «per fermare il piano di stabilire uno Stato alawita dal sud di Damasco a Latakia».