I combattenti Houthi negano ogni responsabilità, ma il governo ufficiale yemenita e i secessionisti meridionali insistono nell’attribuire al movimento Ansar Allah l’attacco di domenica alla base di al-Anad nella provincia di Lahj, 60 km a nord di Aden, capitale governativa provvisoria dal 2015.

L’attacco è stato compiuto con droni e missili balistici durante l’adunata mattutina, uccidendo almeno 40 soldati. Quella di al-Anad non è una base qualsiasi: a poca distanza dalla linea del fronte tra Houthi e il secessionista Stc (il Consiglio di Transizione meridionale), costruita dalla Gran Bretagna, è tra le più antiche dello Yemen e la più grande del paese del Golfo, 20 chilometri di lunghezza che ospitano un campo di addestramento, una pista aerea, depositi di armi, alloggi per i militari.

Era da qui che, fino al marzo 2014, le forze aeree Usa facevano partire gli attacchi via droni ad Al Qaeda nella Penisola arabica, «fiore all’occhiello» della guerra a distanza incrementata a dismisura dalla presidenza Obama.

«Pagheranno a caro prezzo ogni crimine commesso contro il popolo yemenita, la battaglia del popolo contro il progetto iraniano nello Yemen continua», è stato questo il commento del presidente Abd Rabbo Mansour Hadi, fuggito dalla capitale Sana’a nell’autunno 2014 dopo l’avanzata vincente dei combattenti Houthi e costretto a riparare in Arabia saudita, paese capofila della coalizione sunnita che dal marzo 2015 bombarda ininterrottamente il paese per ricacciare indietro, senza successo, gli sciiti di Ansar Allah.

«È pazzo chi pensa di essere immune al progetto di morte guidato dagli Houthi con il sostegno iraniano», ha proseguito Hadi, tornando ad accusare Teheran di essere dietro l’insurrezione della minoranza sciita, tradizionalmente confinata nel nord del paese, marginalizzata per decenni ed esclusa dalla gestione del potere politico ed economico. Fino al 2014 quando in pochi mesi ha occupato le regioni settentrionali del paese spingendosi fino a sud, per poi arretrare solo parzialmente.

A oggi gli Houthi controllano ancora buona parte del nord e del centro del paese con la campagna militare saudita ed emiratina incapace di riprendersi quello che Riyadh e Abu Dhabi reputano essere il proprio cortile di casa.

A reagire all’attacco contro al-Anad è stato anche l’Stc, i secessionisti meridionali, in questi anni sostenuti e gestiti dagli Emirati (fino al punto di apparente rottura raggiunto con la faida interna al fronte anti-Houthi, secessionisti contro governo filo-saudita, scontro poi parzialmente rientrato).
Ieri l’Stc si è detto pronto a lanciare attacchi «contro le zone più interne del territorio Houthi», per poi chiedere alla coalizione a guida saudita «armi moderne per affrontare le minacce».

Fonti militari sentite da Middle East Eye, però, aggiungono un elemento in più: difese contro gli attacchi aerei erano presenti nella base, finché anche soldati emiratini stazionavano a al-Anad. Andati via loro, difese sparite.

L’unica «difesa» sono i bombardamenti aerei sauditi, che però mettono in serio pericolo i civili di Lahj, prime vittime della guerra come nel resto del paese.

È per loro che ieri Guernica 37, studio di avvocati di Londra specializzato in diritto internazionale, ha consegnato alla Corte penale internazionale prove di tre crimini di guerra, a favore dei sopravvissuti e delle famiglie delle vittime: i bombardamenti sauditi contro uno scuola bus nel 2018 (43 bambini uccisi) e un funerale nel 2016 (140 morti) e la tortura e l’uccisione di civili da parte di mercenari colombiani pagati dagli Emirati.