I bombardamenti russi continuano a colpire i grandi centri del Paese cercando da un lato di fiaccare il morale dei civili e dall’altro di minare le capacità di Kiev di rifornirsi di carburante e di approntare le difese. Come a Kharkiv, dove l’ennesimo attacco è costato la vita a 5 persone e ne ha ferite 19 altre, tra cui 4 bambini.

O A KREMENCHUK, dove due missili X-22 lanciati dai caccia russi hanno distrutto un centro commerciale dove si trovavano almeno mille persone, secondo il presidente Zelensky. Al momento il bilancio è di 11 morti e oltre 40 feriti ma ci si aspetta che cresca significativamente nelle prossime ore.

E mentre domenica, alla vigilia dell’incontro del G7, a Kiev piovevano missili su un edificio residenziale (non succedeva da tre settimane), all’alba fuori dall’ospedale di Slovjansk un furgone cabinato della Croce rossa con le ruote tassellate da fuoristrada e l’aspetto da mezzo corazzato già attendeva i volontari e gli infermieri che fanno avanti e indietro dai reparti per trasportare le barelle con i pazienti più anziani. Tre donne e un uomo, tutti impossibilitati a camminare, vengono adagiati sui lettini a scomparsa del mezzo.

I VOLONTARI sono gentili e comprensivi, giovani ucraini coordinati da Sasha, un uomo di mezza età con la voce calma e i passi svelti. L’unico straniero del gruppo è Dennis, un californiano di origini asiatiche che all’inizio della guerra si trovava a Varsavia.

«Qualche giorno dopo sono andato a Kiev, mi sono detto che dovevo essere dove c’era più bisogno di aiuto, con i ragazzi ci siamo anche occupati di alcune evacuazioni da Irpin». Poi la squadra si è spostata in Donbass e Dennis ha deciso, di nuovo, di raggiungerli a Slovjansk. «Ora ci occupiamo principalmente di aiutare i malati più gravi e gli invalidi a raggiungere i treni speciali organizzati da Medici senza frontiere e altre organizzazioni verso l’ovest».

Dopo aver prelevato tutti i pazienti ci spostiamo all’ospedale della vicina Kramatorsk. Qui si svolge la stessa operazione e un’ambulanza si affianca al camion. Una signora di circa settant’anni, che scende da sola scortata da un volontario che le porta le valigie (una busta di plastica e un bustone rigido, di quelli che danno alle casse dei supermercati), con il braccio e la mano fasciata racconta di essere stata ferita da alcune schegge durante un bombardamento.

HA RISCHIATO di perdere l’arto ma, per sua fortuna, i frammenti dell’ordigno non hanno lasciato danni permanenti. Un anziano sordo urla in continuazione a un ragazzo che non devono dimenticarsi le sue cose e, nonostante le rassicurazioni del giovane che trasporta la sua barella, non si calma finché Sasha non gli mostra la sua busta di plastica rigida e il bastone.

Qui a Kramatorsk non ci permettono di entrare nei reparti, «No press» dice uno dei due poliziotti di guardia all’ingresso del pronto soccorso. Aspettiamo che l’ultima signora salga e partiamo per Pokrovsk, la prima stazione ferroviaria funzionante e «sicura» della zona.

Un’ora e mezza di viaggio per raggiungere i binari dove i medici di Msf e altri pazienti sono in attesa di partire. «Il treno per i civili parte ogni giorno di pomeriggio, questo tipo di convogli necessita di un’organizzazione differente: sono i medici a decidere se trasferire alcuni pazienti a Dnipro, a Kiev o a Leopoli». All’occorrenza si ricorre anche agli ospedali stranieri, soprattutto polacchi, ma è raro.

POCO DOPO il treno parte e la banchina si svuota in attesa dei civili che a poco a poco la riempiranno di nuovo per assicurarsi un posto verso ovest. «Ogni giorno se ne convince qualcuno in più, magari lo stesso che fino alla settimana prima diceva “io non me ne andrò mai” – spiega Oleksi, un altro volontario – Hanno la testa dura, non capiscono che rischiano la vita restando qui…e più tempo passa più la situazione peggiora».

Dopo la caduta di Severodonetsk c’è grande apprensione in tutta la regione di Donetsk. L’idea che i soldati del Cremlino siano esasperati e vogliano «vendicarsi» sulla popolazione civile inizia a diffondersi da qualche tempo tra coloro che non ha particolari simpatie filo-russe. Di conseguenza, anche il numero di chi accetta di farsi evacuare aumenta. Ma non è semplice, in giornate come questa sembra che nessuna città dell’Ucraina sia al sicuro.